Per tornare all’uninominale
Oggi (lunedì, 11 luglio) alle 12 in Corte di Cassazione abbiamo depositato i quesiti referendari per abolire integralmente l'obbrobrioso sistema elettorale attualmente in vigore (anche detto Porcellum) e tornare a quello basato sui collegi uninominali, conquistato sempre per via referendaria all'inizio degli anni novanta. Le ragioni di questo passo sono state spiegate in diversi interventi apparsi sui quotidiani negli ultimi giorni e chiarite ulteriormente in una.confernza stampa tenuta alle 16:00. A sostegno dell'iniziativa referendaria ci sono, accanto a personalità non impegnate politicamente, Idv e Sel, oltre a diversi esponenti del PD (Parisi, Castagnetti, Veltroni, Bindi). Qui il testo dei quesiti, che con due diverse tecniche perseguono lo stesso obiettivo. Di seguito il mio articolo per un dossier a più voci (Parisi, Castagnetti, Ceccanti, Curreri) pubblicato sul sito di.Democratica. Qui il link ad una mia intervista sull'argomento pubblicata venerdì 8 luglio da l'Unità e qui un mio articolo del 19 Luglio (qui il pdf). Inizia quindi una complicata corsa ad ostacoli per eliminare una delle più odiose leggi vergogna approvate in un decennio purtroppo per niente avaro nel genere. Provarci è un obbligo morale per chiunque tenga alla qualità della nostra democrazia. Per chi ricopre un incarico parlamentare le è doppiamente, dato che in Parlamento, in questa legislatura di fine impero, non sembra sia possibile corrispondere alla domanda che ci viene dalla gran parte dei cittadini di cambiarla.
La scelta di avviare una campagna referendaria implica sempre un certa disponibilità al rischio. Soprattutto quando si vogliono cambiare regole che incidono direttamente sulla competizione politica.
All’inizio degli anni Novanta la scommessa è stata vinta. Un piccolo gruppo di visionari offrì, al momento giusto, agli elettori italiani la strada che stavano aspettando per il cambiamento. Le uniche riforme istituzionali degne di questo nome sperimentate dal 1993 ad oggi vengono da lì: il collegio uninominale, il maggioritario, l’elezione diretta dei sindaci, la costruzione del bipolarismo. Neanche le primarie sarebbero arrivate senza queste premesse.
Quel poco o tanto di riforme introdotte per via referendaria non solo non è stato completato dal Parlamento con una revisione oculata della Costituzione e di altre leggi ordinarie. Non solo. Nel 2005 la Lega di Bossi, An, l’Udc di Casini e i berlusconiani, hanno rifatto il sistema elettorale sulle base delle convenienze loro e, va detto, della convenienza dei “gruppi dirigenti” di tutti i partiti.
I referendum sono sempre un azzardo perché la strada per la loro ammissibilità presso la Corte costituzionale è stretta (possono solo tagliare leggi o parti di leggi, ma devono lasciare in vigore una normativa che possa essere immediatamente applicata). Ma la creatività dei riformatori fino ad oggi ha trovato diverse mosse astute per attraversarla. La sfida, come scrivono su Democratica Arturo Parisi e Pierluigi Castagnetti, sta oggi nel redigere un quesito che ripristini la legge Mattarella, ci restituisca i collegi uninominali e riabiliti la politica. L'intervento di Salvatore Curreri chiarisce che è difficile ma non impossibile.
L’iniziativa è resa ancora più necessaria dalla vera e propria truffa che, sempre per via referendaria, qualcun altro sta tentando di perpetuare ai danni per ora di autorevoli concittadini e domani dell’intero elettorato. Come dimostra Stefano Ceccanti, “aggiungere” per via referendaria il voto di preferenza alle liste del Porcellum è impossibile. Senza nulla togliere all’acume di Ceccanti, va detto che chiunque legga ciò che residua dal referendum Passigli capisce che il suo quesito anti-liste-bloccate non sta in piedi in nessun modo. E che quindi è un puro specchietto per le allodole. Serve a trainare la raccolta delle firme su un altro quesito che ha serie possibilità d’essere ammesso dalla Corte e che a Passigli, o a chi per lui, evidentemente interessa di più: quello che trasforma il porcellum in un sistema elettorale perfettamente proporzionale con soglia di sbarramento al 4%. Praticamente uguale al sistema tedesco… Con la differenza che da noi rimarrebbero le lunghe liste bloccate!
I referendum sono un azzardo anche perché la partecipazione potrebbe poi rivelarsi insufficiente, perché il fiume dell’opinione pubblica potrebbe prendere al momento della verità un corso diverso da quello che ci si attende. Ma non c’è dubbio che oggi quel rischio vada affrontato senza tentennamenti. Creando un largo e plurale movimento civico per il ritorno al collegio uninominale.
(Sullo stesso argomento anche una mia intervista su L' Unità)