Primarie con(tro) il Porcellum
In un articolo pubblicato il 1° dicembre 2011 da l'Unità sulle primarie per i parlamentari avevo lanciato l'idea di presentare l'ordine del giorno che segue in occasione dell'Assemblea Nazionale del PD in programma per il successivo 16 dicembre. Sulla base del dibattito che ha fatto seguito a quell'articolo, ho pensato di rinviare l'iniziativa, in attesa di raggiungere un consenso più largo intorno ad una nuova ipotesi che tenga conto di alcune critiche convincenti avanzate rispetto alla proposta iniziale. Dopo il testo dell'OdG proposto inizialmente, alcune contreduduzioni e idee su come superare i dubbi legittimi.
Ordine del giorno proposto inizialmente
L’Assemblea Nazionale del Partito Democratico, nell’eventualità che si voti ancora con il sistema vigente per l’elezione di Camera e Senato, impegna la Segreteria a sottoporre entro sessanta giorni alla Direzione Nazionale un regolamento per lo svolgimento di elezioni primarie per la scelta dei candidati al Parlamento secondo le seguenti linee guida:
a) in ogni regione viene istituito un numero di collegi, individuati da una commisione nazionale composta da esperti indipendenti, pari ai quattro quinti dei seggi parlamentari complessivamente ottenuti dal PD nella stessa regione in occasione delle elezioni politiche del 2008;
b) in ogni collegio la consultazione si svolge con le medesime regole previste dallo Statuto e dai regolamenti del PD per le primarie di partito per la scelta dei candidati a sindaco;
c) i vincitori delle primarie acquisiscono il diritto ad essere inseriti nelle prime posizioni delle liste del PD per la Camera e per il Senato, secondo un ordine, per quanto possibile, basato su criteri oggettivi e stabilito in ultima istanza dalla direzione nazionale;
d) con l’eccezione della candidatura del Segretario Nazionale, nessuna altra candidatura può essere anteposta nell’ordine di lista a quelle selezionate attraverso le primarie; le candidature successive sono deliberate dalla Direzione Nazionale in funzione di riequilibrio della rappresentanza di genere, delle competenze e degli orientamenti politici interni, ove possibile ripescando candidati non eletti alle primarie di collegio.
Critiche, controdeduzioni e nuova ipotesi
Che io sappia, hanno scritto di o su questo articolo: Antonio Floridia, WiProgress, pubblicata anche su ProssimaFermataItalia, e Giuseppe Civati. Ecco in sintesi le mie controdeduzioni e una nuova versione della proposta.
È vero che l'idea di ritagliare i collegi in numero pari ai seggi sicuri non è facile da praticare e si presta al gerrymandering.
È vero che l'uso dei collegi uninominali rende la scelta sempre seccamente maggioritaria, al rischio di annientare il pluralismo interno al partito. Chi enfatizza questo aspetto sottovaluta che è proprio il carattere uninominale e maggioritario a rendere le primarie per i sindaci avvincenti, partecipate e decisive, con l'eventualità di esiti del tutto imprevisti. Comunque, io stesso avevo messo in evidenza il medesimo rischio.
Entrambi i problemi possono essere attenuati con una sola modifica al modello inizialmente proposto: che i collegi siano provinciali o, nei casi di province molto grandi, infra-provinciali. In questo modo in ciascun collegio (di ambito provinciale) si metterebbero in palio fino a 4 o 5 seggi sicuri. Il metodo resta basato sui principi "una testa, un voto" e "chi prende più voti vince" (in questo caso, vince una candidatura in posizione sicura, fino alla copertura delle candidature sicure da assegnare nel collegio).
Non credo sia invece opportuno modificare altri elementi della proposta.
È cruciale che vengano messi in palio solo i seggi sicuri. Più precisamente: una larga quota dei seggi assolutamente sicuri. Per due ragioni. In primo luogo perché così si evita di dover affrontare il problema dell'ordine di lista, altrimenti insolubile. E perché così si lascia un margine di autonomia ai gruppi dirigenti per integrazioni che bilancino eventuali squilibri riguardo al genere, alle competenze e al pluralismo politico interno.
È cruciale che, in ogni territorio, ciascun elettore abbia a disposizione un solo voto. Le primarie per i Parlamentari si fanno per consentire agli elettori di scegliere "singole persone" in base ad una valutazione delle loro capacità e competenze, alle loro opinioni e alla reputazione individuale di cui godono. Non sono quindi accettabili metodi che favoriscano o incentivino il voto e l'organizzazione delle campagne su basi di gruppo, corrente, cordata (come avveniva, per intendersi, con le preferenze multiple nella Prima Repubblica, abolite dal Referendum del 1991). Conviene anche ai più giovani rivedere al riguardo il film di Daniele Lucchetti "Il portaborse", con Nanni Moretti, di quello stesso anno. Il passaggio alla preferenza unica, utilizzata per la Camera nel 1992, non ha eliminato tutte le perversioni raccontate da Lucchetti, ma le cordate le ha rotte.
L'attribuzione di "un solo voto" a ciascun elettore, in ogni territorio, pone due problemi: uno pressoché inesistente, uno reale.
In primo luogo, esige che si selezionino indistintamente i candidati "al Parlamento", e che non si distinguano, durante lo svolgimento delle primarie, le candidature per la Camera e per il Senato. Tenerle distinte, oltre a generare il problema appena citato (la possibilità di accordi e scambi di voti tra candidati), provoca una inutile confusione nella testa degli elettori e accentua il carattere maggioritario delle primarie (la stessa "componente", accordandosi su un "ticket", porta a casa, con gli stessi voti, due seggi). L'opzione tra Camera e Senato può essere successiva allo svolgimento delle primarie, dato che comunque si tratta di allocare solo posizioni sicure. Al limite, si può usare l'estrazione a sorte.
Per le medesime ragioni, è largamente sconsigliabile il meccanismo della cosiddetta "doppia preferenza di genere". La "doppia preferenza di genere" è forse l'unico metodo utilizzabile in competizioni elettorali "ufficiali" che prevedano il voto di preferenza, perché in quel caso non possono essere considerati altri meccanismi di bilanciamento (non si può alterare il risultato ex post). Per questa ragione ho personalmente sottoscritto proposte di legge che lo introducono, ad esempio nel caso delle elezioni per i consigli comunali e regionali. Ma le regole interne di un partito possono anche stabilire altri meccanismi di riequilibrio più efficaci e meno distorsivi.
Per tener conto delle citate osservazioni, le linee guida per la redazione del regolamento protrebbero ad esempio essere riscritte come segue.
a) in ogni regione vengono selezionati con le primarie un numero di candidati al Parlamento pari ai tre quinti dei seggi parlamentari complessivamente ottenuti, tra Camera e Senato, dal PD nella stessa regione in occasione delle elezioni politiche del 2008, ovvero, un numero di candidati che, sulla base di dati oggettivi, si possa ritenere pari ai tre quarti dei seggi parlamentari con sicurezza conquistabili dal PD nella regione;
b) ogni provincia o, nelle province con più di 500.000 abitanti, ogni ambito sub-provinciale identificato dalla direzione regionale del PD, costituisce un collegio.
d) in ogni collegio la consultazione si svolge, per quanto riguarda l'elettorato attivo e passivo, la propaganda e la modalità di espressione del voto, con le medesime regole previste dallo Statuto e dai regolamenti del PD per le primarie di partito per la scelta dei candidati a sindaco;
e) vengono selezionati, in via provvisoria, i candidati che, in ciascun collegio, hanno ottenuto il maggior numero di voti, fino al raggiungimento del numero di candidature attribuite al collegio ai sensi della lettera c).
f) qualora nel complesso delle candidature così identificate, in ambito regionale, uno dei due generi sia rappresentato in misura inferiore ad un terzo, prima dichiarare in via definitiva i vincitori, si procede ad un riequilibrio, come indicato dalle successive lettere g), h), i);
g) si identifica il collegio in cui la quota dei candidati del genere meno rappresentato è, tra i vincitori identificati in via provvisoria, più bassa;
h) nel collegio così identificato, il candidato del genere meno rappresentato che ha ottenuto il maggior numero dei voti tra i candidati non ancora selezionati, sostituisce il candidato di genere diverso che ha ottenuto il minor numero di voti tra i candidati selezionati in via provvisoria, purché abbia ottenuto un numero di voti almeno pari al 60% di quest'ultimo;
i) la procedura indicata alle lettere g) e h) si ripete fino a che il complesso delle candidature selezionate nell'ambito della Regione non includa almeno un terzo di candidati del genere meno rappresentato;
m) i candidati così selezionati sono inseriti nelle prime posizioni delle liste del PD per la Camera e per il Senato, secondo un ordine, per quanto possibile, basato su criteri oggettivi e stabilito in ultima istanza dalla direzione regionale;
n) con l’eccezione della candidatura del Segretario Nazionale, nessuna altra candidatura può essere anteposta nell’ordine di lista a quelle selezionate attraverso le primarie; le candidature successive sono deliberate dalla Direzione Nazionale in funzione di riequilibrio di genere, delle competenze e degli orientamenti politici interni, ove possibile ripescando candidati non eletti nelle primarie. Qualora, ripetendo la procedura di cui alle lettere g) ed h) non sia stato possibile ottenere il risultato indicato alla lettera i), la direzione nazionale può inserire in lista, immediatamente dopo quelli selezionati con le primarie, solo candidati del genere meno rappresentato, fino a che non sia raggiunta la quota di almeno un terzo delle candidature del genere meno rappresentato nella parte alta delle liste Camera e Senato di ciascuna Regione.