Referendum e superstizioni
[Mio pezzo su L'Unità pubblicato poco prima che la Corte dichiarassa, a maggioranza, inammissibile il referendum elettorale. Continuo a pensare che non vi fossero ragioni giuridiche per la bocciatura e che le presunte motivazioni politiche siano sbagliate. Le motivazioni della Corte ricalcano in effetti la "superstizione" di cui parlo nell'articolo che segue. Qui la versione a stampa in pdf]. Il destino del referendum è appeso, sul piano tecnico, ad una convenzione, o forse sarebbe meglio dire ad una “superstizione giuridica”. Secondo un brocardo latino che riassume un princio del diritto romano, dopo aver abrogato una legge che ne abrogava un’altra, non riacquista efficacia la legge abrogata (abrogata lege abrogante non reviviscit lex abrogata). Inutile chiedere conto ai giuristi superstiziosi dei postulati logici e delle condizioni di fatto entro cui questa massima deve necessariamente trovare applicazione. Vi ripeteranno che, come è stato scritto da una sacra dottrina, l’abrogazione del Porcellum non può far rivivere la Mattarella. Punto. Così è stato scritto e così dovrà dire la Corte Costituzionale.
Ma il diritto è o dovrebbe essere sorretto da una logica di grado superiore alle superstizioni da azzeccacarbugli rese apparentemente infrangibili dal ricorso al latinorum. Nel caso specifico una logica c’è. Non è di norma sufficiente l’abrogazione di una legge abrogante per far rivivere la legge abrogata perché, laddove il legislatore abbia concretamente a disposizione le due alternative, potrebbe volere l’abrogazione per far rivivere oppure l’abrogazione per delegificare. In casi particolari, la reviviscenza potrebbe essere poi inibita dal palese conflitto tra le norme riesumate e altre norme o principi non modificabili dell’ordinamento vigente.
Nel caso specifico però non esistono cause ostative alla reviviscenza. È del tutto evidente, infatti, che l’intenzione del “legislatore referendario” è quella di far rivivere, mentre l’intenzione di delegificare è rigidamente preclusa. La Corte potrebbe dichiarare inammissibile il referendum solo appellandosi senza logica al brocardo latino, oppure appellandosi alla (inevitabile) omissione delle parole che avrebbero dovuto certificare l’intenzione di far rivivere la Mattarella espressa dai cittadini che hanno firmato per il referendum: un milione e duecentomila, in tre sole settimane di settembre!
I da sempre contrari al referendum ritengono che i giudici della Consulta potrebbero o dovrebbero stendere una sentenza con motivazioni così irragionevoli per ragioni politiche. Per non creare cioè difficoltà al Governo Monti. E pure qui si fa fatica a seguirli. Non tanto perché, come è stato scritto, la durata del governo Monti dipenderà da altri fattori, ed in particolare dalla sua capacità di fronteggiare la crisi dell’Euro e far ripartire la crescita. Ma perché è proprio ammazzando il referendum che si assumerebbero in realtà una responsabilità politica pesantissima.
Monti ha più volte detto di considerare prioritaria la missione che gli è stata attribuita in campo economico-sociale. Ma ha anche detto di voler contribuire alla riabilitazione della politica, assecondando riforme, tra cui quella del sistema elettorale, che consentano di tornare alla dinamica ordinaria dell’alternanza tra governi diretta espressione dei partiti in un contesto di ritrovata credibilità delle istituzioni. Questo impegno è d’altro canto tra le priorità indicate ripetutamente del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Ammazzato il referendum, il dibattito politico e parlamentare sulla legge elettorale diventerebbe al tempo stesso più divisivo e più inconcludente. In mancanza di un pungolo pervicace e di qualche paletto di merito ben piantato, si comincerebbe a discutere di tutte le più stravaganti variazioni dei sistemi francesce, ungherese, tedesco o spagnolo … senza approdare a niente. Il referendum, con una potente partecipazione dei cittadini, stabilirebbe invece il ritorno ai collegi uninominali e ad un sistema elettorale misto a prevalenza maggioritaria. La gran parte del lavoro sarebbe già stato fatto.
A quel punto, con poche modifiche, sarebbe possibile attenuare i principali difetti della Mattarella: lo scorporo e le liste civetta; la doppia scheda per la Camera; gli incentivi a costruire a tavolino coalizioni frammentate e politicamente incoerenti, con la conseguente lottizzazione delle candidature di collegio.
Le soluzioni sono a portata di mano. Basta saperle cercare. Se tutto va come dovrebbe, tra un paio di giorni potremo cominciare a parlarne.