Priorità e subordinate
In occasione della recente Assemblea Nazionale, con Pippo Civati e molti altri, abbiamo proposto che il PD prendesse un impegno non generico a tenere primarie aperte a tutti i propri elettori per la scelta dei candidati al parlamento, nella sciagurata evenutalità che si torni a votare con l'attuale legge elettorale. Ecco come è andata e il mio intervento in Assemblea sull'agenda delle riforme.
Prossima Italia sostiene questa causa dai tempi della prima convention della Leopolda (quella promossa da Civati e Renzi nel 2010). Per diverso tempo sono rimasto scettico perché non vedevo una soluzione tecnicamente adeguata che consentisse di tenere vere primarie aperte, dati i vincoli del Porcellum. Poi mi è sembrato d'aver trovato un metodo convincente e ho rilanciato la discussione con un articolo uscito il 1° dicembre su l'Unità. Ne è seguito un dibattito e un lavoro comune con vari militanti ed esperti, che ha portato a disegnare un sistema che credo sia semplice, trasparente ed equo (vedi gli articoli di Floridia, WiProgress, Civati, Civati e Vassallo; alla richiesta di primarie in caso di mancata modifica del sistema elettorale ha poi dato una potente spinta l'editoriale del direttore di Repubblica Ezio Mauro pubblicato il 19 gennaio).
All'Assemblea Nazionale del 20-21 gennaio abbiamo quindi chiesto che fosse messo in votazione un ordine del giorno con il quale il PD avrebbe preso formalmente un impegno al riguardo, offrendo al tempo stesso il frutto della nostra "istruttoria" come base di lavoro per la predisposizione di un vero e proprio regolamento. Abbiamo ricevuto reazioni di vario genere, quasi tutte finalizzate ad evitare che sull'argomento si votasse. Rosy Bindi, Anna Finocchiaro e Franco Marini hanno sostenuto che sarebbe stato insensato adottare una subordinata (le primarie) invece di concentrarsi sulla principale (la riforma del sistema elettorale). Strano, a dire il vero, che questo argomento sia stato usato contro chi si è attivamente impegnato per i referendum (l'unico vero strumento che avrebbe potuto portare ad una buona riforma), da parte di chi era invece rimasto a parecchia distanza a guardare nelle retrovie. L'assoluta necessità di ottenere un cambiamento del sistema elettorale è ben specificata peraltro nella prima riga del nostro ordine del giorno, con il quale si chiedeva di "mettere in sicurezza la subordinata", proprio per puntare con maggiore credibilità e determinazione alla principale.
Bersani ha poi posto sull'OdG una vera e propria "questione di fiducia". Nella sua relazione introduttiva ha preso un impegno a "fare le primarie, qualora si voti con il porcellum". Ma non ha chiarito, ad esempio, se pensa a primarie aperte a tutti gli elettori o riservate ai soli iscritti. Nella conclusione ha poi detto in sostanza: " Per le primarie garantisco io, non c’è bisogno di votare o di discutere di regolamenti". Con Civati abbiamo quindi convenuto che non si poteva insistere per la votazione. Sarebbe stato come chiedere di votare la sfiducia al Segretario, peraltro non su una questione di indirizzo politico, ma mettendo in dubbio la sua buona fede.
Avevamo del resto ben chiaro sin dall'inizio che tra i presenti vi fosse una diffusa preferenza a NON votare sull'OdG, per togliersi dall'imbarazzo: a occhio e croce, l'80% degli attuali parlamentari sono contrari. Non è un buon segno, anche pensando a tutto l'insieme di misure per la riforma della politica che sarebbe doveroso adottare nei prossimi dieci mesi: trasparenza sulle indennità, taglio delle province, superamento dell'attuale bicameralismo, cambiamento del sistema elettorale (appunto).
Come ho provato a dire nel mio intervento, sono tutte riforme non rinviabili frenate da resistenze fortissime. Ma se, mentre si votano riforme lacrime e sangue sulle pensioni o si invocano liberalizzazioni per rompere le rendite corporative di tassisti, notai, banche, compagnie di assicurazioni, petrolieri e famacisti, ci si dovesse fermare di fronte alle resistenze corporative del ceto politico e degli interna corporis parlamentari riguardo alle province o al bicameralismo, alle indennità o al sistema elettorale, sarà solo giusto che la politica sia completamente sommersa dal disprezzo dell'opinione pubblica. Un disprezzo che è già oggi a livelli di guardia per la stabilità delle istituzioni democratiche.
Come ho scritto in più di una occasione, personalmente capisco alcuni degli argomenti contro le primarie per i Parlamentari. Sin dai tempi non sospetti della mia relazione al Convegno di Orvieto (in cui fu avviata la fase fondativa del PD) sostengo che le primarie si applicano perfettamente alla scelta dei candidati alle cariche apicali di governo (in cui si deve scelgliere una sola persona che rappresenta tutto il partito o la coalizione), mentre vanno meno bene per scegliere candidati a cariche assembleari (dove si dovrebbe preservare un certo equilibrio tra generi, competenze ed orientamenti politici). So anche che le primarie per i parlamentari rischiano di assomigliare terribilmente alla lotta per le preferenze, che considero una pessima soluzione per le "lunghe liste bloccate". Ma se non cambia le legge elettorale, non c'è una ragionevole alternativa. I cittadini hanno diritto a conoscere in anticipo e a valutare chi deve rappresentarli. Come di consueto, se va bene, arriveremo a fissare questo irrinunciabile principio all'ultimo momento e in affanno.
L'Assemblea del PD, mentre il Governo fissa l'agenda dei risparmi e delle liberalizzazioni negli "altri" settori, avrebbe potuto a mio avviso dire qualcosa di più e di meno vago, sulle necessarie riforme per ridare efficienza, trasparenza, sobrietà, credibilità e forza alle istituzioni politiche. Un risultato è stato comunque raggiunto. Bersani ha preso un impegno, a fronte del quale esiste una proposta tecnicamente solida per la "subordinata" che al momento debito verrà tirata fuori dal cassetto: collegi provinciali per assicurare il pluralismo; doppia preferenza per promuovere l'equilibrio tra i generi; una allocazione equa e prevedibile delle candidature tra i collegi che non implica scelte discrezionali degli organismi dirigenti; meccanismi che garantiscono un filtro da parte degli iscritti per evitare candidature politicamente eccentriche o predatorie; regole che prevedono l'esclusione dalle liste del PD di chi alle primarie gioca sporco.
Di seguito il video del mio intervento all'Assemblea Nazionale.
{youtube}Tl0lju_qUUg|440|432|1{/youtube}