La proposta Capaldo
[Mio intervento sul Corriere della Sera. Qui il Pdf]. Sui finanziamenti per la politica i partiti si giocano la loro residua scarsa credibilità. Ciononostante, non sono mancati i passi falsi, come la proposta di una autorità di controllo sui loro bilanci così palesemente mal concepita da constringere il Presidente della Cassazione a smentirla. È inutile, del resto, cincischiare intorno a controlli pro forma, se non si supera l’ipocrita e criminogena legge sui cosiddetti rimborsi elettorali.
Eventuali contributi pubblici, drasticamente ridotti rispetto agli attuali, devono essere dati solo a soggetti che consentano a chi liberamente vi si associ di “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”, come recita l’articolo 49 della Costituzione; a partiti i cui statuti rispondano a requisiti minimi di democraticità, che abbiano ottenuto rappresentanza in Parlamento e depositino bilanci certificati. La corretta destinazione dei soldi deve essere scrutinata da una sezione di controllo della Corte dei Conti composta per sorteggio, prevedendo pesanti sanzioni per chi sbaglia. Eventuali contributi pubblici non devono essere dati, infine, a scatole vuote, ma a partiti in grado di raccogliere a loro volta fondi tra i cittadini: poco da molti, piuttosto che molto da pochi grandi centri di potere economico.
Il senso della proposta avanzata da Pellegrino Capaldo è dunque condivisibile. Essa affida il concorso pubblico-privato a versamenti individuali volontari di 2000 euro al massimo per anno, restituiti al 95% dallo stato con credito di imposta. Ha però alcuni difetti: il novero dei destinatari è indeterminato, includendo anche fondazioni e movimenti; non consente un controllo sulla destinazione della spesa; crea disparità eccessive tra donatori con e senza debiti di imposta. È dunque preferibile che il contributo pubblico sia dato direttamente alle sole forze politiche che soddisfino i requisiti prima citati, a fronte di spese già documentate, coperte in parte, e in misura crescente nel tempo, con entrate proprie. Entrate che possono venire da iscrizioni e donazioni ma anche ad esempio dagli utili delle feste di partito, grazie al lavoro volontario dei militanti.
Una tale riforma eviterebbe gli errori del passato e spingerebbe i partiti ad aprirsi maggiormente alla società. In base al calendario già fissato dalla Presidenza, la si potrebbe approvare alla Camera entro la fine di maggio.