Soldi ai partiti
[Intervista di Marco Esposito su L'Espresso Online]. 'La nuova norma non prevede alcun paletto sull'uso dei finanziamenti pubblici. Domani i leader potrebbero di nuovo comprare diamanti o investire in Tanzania. E in più, sottrae il controllo alla Corte dei Conti'. La denuncia di Salvatore Vassallo, deputato del Pd e politologo.
Dopo l'approvazione in commissione, inizieranno presto in Aula le votazioni sul disegno di legge che riforma il finanziamento pubblico ai partiti, dimezzandolo – sin dalla tranche di luglio – e aggiustando la stortura dei 'rimborsi elettorali'. Un vero passo in avanti, dopo i casi Lusi e Belsito? Una norma che rende finalmente trasparenti e sobri i bilanci dei partiti? Qualcuno ha dei dubbi, dubbi molto forti. E non certo un 'antipolitico': Salvatore Vassallo, 47 anni, deputato del Partito Democratico, politologo (insegna all'università di Bologna), considerato uno dei 'padri' dello statuto del Partito. Che spiega: «Si tratta di un progetto di legge tossico nel quale buone scelte per il breve termine sono inquinate da scelte sbagliate per il futuro. Eppure per fare una seria legge sui finanziamenti pubblici dei partiti bastava copiare o tradurre quella tedesca o spagnola».
Professore, cosa intende con 'una legge seria'? Non basta il dimezzamento dei fondi ai partiti?
«Bisogna partire dall'articolo 49 della Costituzione, ovvero dal ruolo dei partiti. Il presupposto per il finanziamento pubblico è riconoscere il ruolo svolto dai partiti. Un ruolo importante per i cittadini. Ruolo di raccordo dell'attività politica. A fronte di questo finanziamento è necessario stabilire dei criteri, alcuni paletti».
Dei limiti, delle destinazioni precise per l'uso di questi soldi?
«Esatto. Solo definendo i paletti minimi nella legge per quanto riguarda l'uso di questi soldi potremmo evitare il ripetersi di episodi come quelli che abbiamo visto. Inoltre stabilendo dei paletti precisi, potremmo dar vita a controlli rigorosi. E la legge approvata in commissione non stabilisce alcun paletto sotto questo punto di vista».
Mi faccia capire: se oggi un partito volesse di nuovo investire i nostri soldi in Tanzania o in gioielli potrebbe farlo senza incorrere in nessuna sanzione?
«La commissione di controllo non potrebbe far nulla. L'unica cosa che può fare è verificare se il bilancio è veritiero, quindi ha dei poteri sensibilmente circoscritti. Se riscontra una scorrettezza – sempre solo nella compilazione del bilancio – può decurtare il finanziamento. Ma ci tengo a precisare una cosa».
Dica.
«Tutti i problemi che sto sottolineando sono elementi portati avanti dal Partito Democratico, presentati con disegni di legge a prima firma del nostro segretario Pier Luigi Bersani».
Insomma, se lo Stato finanzia un partito è per la funzione pubblica che svolge: e, in cambio di questo finanziamento, il partito dovrebbe garantire alcune cose.
«Certo. Alcuni criteri di democraticità interna, i luoghi di decisione, la selezione delle candidature. Sono delle premesse indispensabili alla funzione pubblica che svolge un partito. E anche queste erano proposte che venivano dal Pd. E poi c'è un altro problema ancora».
Cioè?
«Riguarda il controllo. In Italia la Corte dei Conti è l'organo costituzionalmente preposto al controllo della cosa pubblica. La legge approvata in commissione sottrae i partiti dal controllo della Corte, istituendo una commissione ad hoc. Perché i partiti devono sottrarsi a questo controllo?»
Già, perché?
«L'obiezione che è stata posta, ad esempio dall'ex presidente della Rai Roberto Zaccaria (ora deputato del Pd, ndr) è che la corte dei Conti non avrebbe adeguato il suo finanziamento al 'giusto processo'. A parte che il controllo non appartiene alle sezioni giurisdizionali, questa obiezione è piuttosto grave. Se noi come Parlamento riteniamo che il funzionamento della Corte dei Conti sia squilibrato, come possiamo – invece di riformarla – sottrarre i partiti al suo controllo? Tutti gli altri possono essere giudicati da un organo costituzionale che riteniamo non funzioni in maniera corretta?»