Affido e adozione
A maggio 2010 ho presentato il primo progetto di legge depositato sull’argomento in sede parlamentare (C. 3459). Successivamente, ne sono stati depositati altri, di contenuto simile, anche da parte di parlamentari del centrodestra (C. 3854, C. 4077, C. 4279, C. 4326). Nelle ultime settimane le forze politiche si erano accordate per un rapido esame in Commissione, e la soluzione sembrava davvero vicina. Purtroppo anche su questo progetto si è abbattuta la scure della fine anticipata della legislatura.
Nella prossima legislatura bisognerà da subito riprendere il cammino lì dove è stato interrotto. Bisogna farlo prima di tutto per i bambini.
Fino ad ora, nonstante le incredibili anomalie che stanno caratterizzando la XVI legislatura, pare uno di quei rarissimi casi in cui il processo legislativo si sviluppa come dovrebbe. Una associazione civica segnala un problema che viene riconosciuto da singoli parlamentari, diventa oggetto di diverse proposte, entra nell’agenda. Si avvia un percorso “deliberativo” in senso proprio per arrivare ad una soluzione per quanto possibile equilibrata. In ogni caso, questo è l’atteggiamento che cercherò di mantenere e promuovere, valutando senza pregiudizi, con molta attenzione lo sforzo fatto da ciascun parlamentare di trovare formulazioni legislative a suo avviso più corrette e di identificare profili meritevoli di attenzione che altri non avevano colto.
In estrema sintesi il problema è questo. Oggi la legge distingue nettamente, per ottime ragioni, l’affidamento, che è o dovrebbe rimanere per definizione temporaneo, dall’adozione e tende quindi a creare due canali chiaramente distinti per l’uno e l’altro istituto. Essere affidatario è molto più complicato. Richiede una particolare predisposizione e generosità, proprio perché deve rimanere chiaro, tanto agli affidatari quanto al minore, che stanno insieme in attesa che la famiglia originaria torni ad essere novamente in condizione di assolvere al suo ruolo. O almeno, così dovrebbe essere.
L’affido dovrebbe essere temporaneo, ma in più del 40% dei casi finsce per durate molto di più dei due anni che in sostanza la legge indica come termine massimo normale, cosicché si creano fortissimi legami affettivi tra il bambino o la bambina e la famiglia affidataria. A quel punto se, come spesso capita, la situazione critica che aveva giustificato l’allontanamento dalla famiglia originaria si risolve negativamente e il minore è dichiarato adottabile, c’è il rischio che sia sottoposto ad una seconda dolorosa separazione e “trasferito” ad una terza famiglia. La petizione della “Gabbianella” chiede giustamente che la legge tuteli i legami affettivi maturati durante l’affidamento e consideri preferenzialmente ai fini dell’adozione la famiglia che aveva avuto in affido il minore.
Naturalmente, ci sono altri principi che devono essere contemperati, per non creare ulteriori storture, e da qui sorgono alcuni dilemmi che una eventuale modifica della legge che attualmente disciplina la materia, dovrebbe sciogliere in maniera equilibrata. La legge in questione è la n. 184 del 1983, già significativamente rivista nel 2001.
Ne abbiamo parlato anche durante l’incontro tenuto il 13 maggio 2011 a Venezia, presso il Centro culturale Valdese di Palazzo Cavagnis, sede da “La gabbianella e altri animali”, dove ho incontrato diversi esponenti dell’associazione, rappresentanti delle istituzioni locali ed esperti di diritto minorile, in vista dell’esame parlamentare delle diverse proposte depositate. Anche in quella occasione, ho messo in evidenza i profili che a mio avviso vanno maneggiati con particolare attenzione e cautela.
Credo che sia necessario in primo luogo mantenere ferma per quanto possibile la necessaria distinzione tra adozione ed affido. Questo aspetto è in effetti particolarmente delicato. Se si dovesse stabilire che in qualsiasi caso l’affido costituisce una “premessa” all’adozione si rischierebbe di creare aspettative sbagliate nelle famiglie affidatarie. C’è il rischio che una formulazione troppo generica della legge a questo riguardo, finisca per far considerare l’affido come un “azzardo” attraverso cui si guadagna una corsia preferenziale verso l’adozione, una sorta di diritto di prelazione. Dovrebbe essere invece chiaro che la traslazione dell’affido in adozione diventa la scelta preferenziale solo nei casi in cui l’affido, contrariamente a quanto dovrebbe accadere in teoria, si è trasformato di fatto in un inserimento di lungo periodo nella famiglia affidataria.
In secondo luogo dovrebbe essere chiaro che questa iniziativa legislativa, tesa a risolvere una speciale casistica, non intende modificare i requisiti attualmente previsti per l’adozione legittimante e per la cosiddetta “adozione in casi particolari”. La proposta Giammanco, ad esempio, apre invece un varco alla eventualità che, passando attraverso l’affido, possano diventare genitori adottivi anche single o non sposati.
Giustamente, diverse proposte prevedono che vi sia un obbligo di consultazione da parte del giudice e dei servizi sociali nei confronti della famiglia affidataria e che quest’ultima possa intervenire nel giudizio ogni volta che debbano essere prese decisioni che riguardano il minore. Entro certi limiti, credo sia anche giusto prevedere che non vengano interrotti i legami tra il minore e le persone che lo hanno avuto in affidamento. Trovo invece problematico che si pretenda di imporlo sempre e comunque, per decisione del giudice e iniziativa dei servizi, anche dopo che il minore sia stato dato in adozione ad un’altra famiglia. In questi casi, si entra in conflitto con l’esercizio della responsabilità genitoriale.
Il progetto Lupi, infine, propone di estendere l’ambito dell’intervento legislativo ad un paio di altri aspetti. Propone in primo luogo di attribuire funzioni pubbliche ad associazioni riconoscute ed accreditate di famiglie affidatarie. Verrebbe affidato a tali associazioni, ad esempio, anche il compito di “proporre l’abbinamento tra il minore affidando e una famiglia associata da loro valutata” oppure di “chiedere al giudice di fissare limiti alla potestà parentale”. Si tratta di compiti che a mio avviso è preferibile mantenere in capo ad un soggetto terzo, a maggiore tutela dell’interesse dei minori.
Per maggiori informazioni e per i riferimenti normativi conviene consultare le Schede di lettura predisposte dagli uffici della Camera sui progetti C. 3459 (Vassallo) e 3854 (Savino). Qui la legge 184 del 1983.