41Apr 29, 2013
Il governo Letta-Alfano nasce con la ragionevole ambizione di chiudere la transizione politico-istituzionale iniziata nei primi anni novanta. Nelle premesse, al di là delle apparenze, si propone di dare allo sgangherato bipolarismo nato nella contrapposizione tra berlusconiani e post-comunisti quello che finora è mancato: un senso di condivisione di fondo sui valori della Repubblica e dell’interesse nazionale; un reciproco riconoscimento tra le principali forze politiche; regole istituzionali che sanciscano il passaggio definitivo a una democrazia maggioritaria in cui chi vince governa. Obiettivi per niente in contrasto. Una bella e nobile impresa di cui si discute da tempo e i cui nodi sono ben noti.
42Apr 24, 2013
I rischi che il Pd poteva correre li conoscevamo perfettamente quando l’avventura è cominciata. Nel 2006, il rischio campeggiava nei titoli di giornale come “fusione a freddo”. Ovvero, l’assemblaggio di correnti, la giustapposizione di antichi simboli sotto una nuova bandiera non ancora screditata che consentisse a buona parte del ceto politico di centrosinistra di ripararsi dal biasimo già allora crescente e di riciclarsi. L’antidoto poteva venire dal principio classico “una testa un voto”. Che diventò per qualche mese lo slogan alternativo. Non era una scoperta da premio Nobel, ma inquietava lo stesso l’establishment. Quando fu pronunciato per la prima volta, nel contesto del processo costituente Pd, fece sobbalzare D’Alema, De Mita, Marini e parecchi altri.
43Apr 23, 2013
Nelle ultime settimane Repubblica Bologna ha meritoriamente dato voce ad un importante dibattito sul governo e il consumo del territorio, cui hanno partecipato, tra gli altri, Paola Bonora, Giacomo Venturi, Simone Gamberini. Non credo si possano nutrire dubbi sulla correttezza e la buona fede degli amministratori che hanno autorizzato progetti come il centro sportivo di Granarolo o l’Art Science Center di Casalecchio. I dubbi sull’estensione e la localizzazione di quegli interventi mi paiono invece ben motivati. In ogni caso, se la principale attrattiva, dal punto di vista imprenditoriale, di interventi simili, continua ad essere costituita dai metri di terreno vergine resi impermeabili o edificabili, un problema lo abbiamo. Anzi, ne abbiamo due.
44Apr 13, 2013
I cardini della “teoria” di Barca sul “partito nuovo” sono due.
1) «Serve un partito che torni, come nei partiti di massa, a essere non solo strumento di selezione dei componenti degli organi costituzionali e di governo dello Stato, ma anche “sfidante dello Stato stesso” attraverso l’elaborazione e la rivendicazione di soluzioni per l’azione pubblica. Serve un partito che realizzi questi obiettivi sviluppando un tratto che nei partiti di massa tendeva a rimanere circoscritto alle “avanguardie”, ossia realizzando una diffusa “mobilitazione cognitiva”».
45Apr 8, 2013
Nell’attesa che si sciolgano i nodi su Quirinale e Palazzo Chigi, il vuoto di notizie alimenta due tesi solo apparentemente opposte riguardo al futuro del PD: 1) che sia inevitabile o addirittura da auspicare una scissione; 2) che, per evitarla, si dovrebbero scindere i ruoli di segretario e candidato premier, assegnandoli a persone che parlano, ciascuno con il suo linguaggio, a due pubblici diversi. Sullo sfondo, rimane la più deprecabile delle tentazioni. Quella di rinviare sine die, in spregio alla più fondamentale delle regole di ogni organizzazione democratica, la data del “Congresso”. Cioè, secondo le nostre regole, lo svolgimento di “primarie” totalmente aperte a tutti gli elettori per selezionare la linea politica, il leader e gli organismi dirigenti. Il metodo che abbiamo scelto quando è nato il PD, che abbiamo usato nel 2007 e nel 2009, che è scritto nello statuto e che è stato considerato, da chi ha vinto e da chi ha perso, l’unico modo serio per rimanere uniti.