Città metropolitana a Bologna
[Mio intervento sul Corriere di Bologna]..L'assemblea dell'Ance tenuta ieri ha richiamato da un lato le dimensioni reali della crisi (vista dai costruttori), dall’altro l’esigenza di semplificazione istituzionale e di indirizzi politici chiari per ripartire: attenuazione del patto di stabilità per gli enti locali virtuosi, investimenti in edilizia sociale, incentivi per la riqualificazione energetica e ambientale dell’esistente, una programmazione urbanistica e infrastrutturale non frammentata, tempi certi e brevi dei procedimenti amministrativi di autorizzazione. La relazione del Presidente Melegari ha giustamente collegato queste attese all’istituzione della Città Metropolitana. Gli interventi che sono seguiti hanno utilmente messo a fuoco lo stato dell’arte, ivi incluse la diversità di opinioni già in parte note tra Comune e Provincia.
Va detto in premessa che il dibattito è reso aleatorio dall’impasticciata legislazione calderoliana vigente. In breve: la vecchia disciplina sul sistema elettorale per le istituende città metropolitane è stata abolita e la nuova è stata rinviata, prevedendo per ora solo una soluzione transitoria inapplicabile e incompiuta, che dice come si può scegliere il Presidente di un Consiglio provvisorio di cui farebbero parte sindaci e presidente di Provincia, una specie di Comitato ordinatore del nuovo ente, ma non come si formano gli organi di governo! In Parlamento stiamo chiedendo una norma meno bacata, ma per ora qui siamo.
Ciò detto, ci sono pochi dubbi su un punto essenziale. Se vuole davvero produrre il grado di semplificazione che ieri hanno ragionevolmente chiesto le imprese ed evocato quasi tutti gli intervenuti, la CM dovrebbe decidere molto di più della attuale Provincia. Ad essa dovrebbero essere cedute corpose competenze dalla Regione e dai Comuni. Sicuramente per quanto riguarda: la regolazione e la pianificazione urbanistica, la programmazione e gli interventi infrastrutturali per la mobilità, l’edilizia scolastica, il coordinamento della gestione dei servizi pubblici, la promozione dello sviluppo economico.
E ha ragione Beatrice Draghetti quando afferma che gli organi di una istituzione così autorevole non possono che essere scelti direttamente dai cittadini, sulla base di un mandato ad operare in una ottica metropolitana. Sarebbe ben strano che il suo vertice fosse eletto dai soli residenti nel comune capoluogo. Difficile peraltro immaginare, se sono quelle le competenze, un “doppio lavoro” di Sindaco e Presidente o Assessore della CM. Lo ha onestamente riconosciuto anche Walter Vitali che ha tuttavia segnalato un altro problema. Per dare coerenza a tale modello, bisognerebbe smontare l’attuale comune di Bologna, abolire i quartieri e sostituire entrambi con quattro o cinque Municipi. Una operazione per la quale non avremmo abbastanza tempo. O, meglio, che è difficile sincronizzare con la scadenza del 2014. E qui sta, a mio avviso, il vero nodo.
Il modello dell’ente di primo grado è più coerente con le premesse e gli obiettivi dichiarati. Tuttavia, sempre ammesso che la Regione e gli altri sindaci siano davvero disposti a spogliarsi di loro importanti prerogative, si scontra con un vincolo non banale: presuppone che la Giunta di Bologna, appena eletta e meritoriamente operosa, si metta a “smontare” il Comune capoluogo per trasferire a un nuovo soggetto istituzionale (anche se non necessariamente ad altre persone) la guida dell’Area metropolitana. Oppure che per qualche tempo coesistano “sindaco cittadino” e “sindaco metropolitano”, necessariamente interpretati da persone diverse. Da questo punto di vista, la proposta dell’ente di secondo grado avanzata da Virginio Merola può essere una soluzione transitoria ragionevole, anche utile in sé stessa, se però concepita e codificata in quanto tale, in vista di una prossima tornata elettorale, nel 2016, in cui si voti per l’autorità metropolitana e per quattro o cinque municipi, invece che per provincia, comune e nove quartieri. Così la fatica avrebbe un senso, il nuovo ente godrebbe di una legittimazione adeguata alla sua missione, e la semplificazione sarebbe effettiva.