La Commissione Brunetta
Il 25 novembre 2009 la Commissione Affari Costituzionali ha votato sulla nomina dei componenti della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CiVit) che dovrebbe accompagnare e guidare la modernizzazione delle amministrazioni pubbliche in senso “manageriale” nell’era-Brunetta. In quella sede avevo espresso un parere negativo sul complesso delle candidature poiché mi pareva strano che una commissione istituita per diffondere innovazioni organizzative, la cultura della valutazione e la misurazione empirica delle performance nella PA fosse composta in prevalenza da giuristi e in particolare da diversi recordmen di alti incarichi ministeriali, come il capo di Gabinetto del Ministro Brunetta, uno stretto consulente del medesimo ministro e un anziano magistrato prossimo alla pensione, passato attraverso la Cassazione, il Cnel, l’Anm, la Commissione di garanzia sugli scioperi, che possiamo presumere non abbia però mai maneggiato nemmeno un database di livello elementare, né abbia idea di come si elabori un indicatore empirico di soddisfazione degli utenti.
Sono stato l’unico in commissione ad esprimere un voto apertamente contrario per tre nomine su cinque (l'ho fatto astenendomi, una scelta che in quei casi è un modo per contrastare la nomina in forma palese, pochi altri hanno votato contro nell’urna, segretamente, per scelta o per errore, il gruppo PD ha dato indicazione di voto a favore, insieme alla maggioranza). L’anziano magistrato di cui sopra, Antonio Martone, è diventato addirittura Presidente della Commissione ed ha poi chiesto lui stesso di lasciare con anticipo di qualche anno la magistratura, ritenendo in questo modo di potersi meglio difendere dall’accusa, a suo giudizio infondata, di aver partecipato alla famosa cena della cosiddetta P3 in casa di Denis Verdini. Non mi sono stupito, quindi, quando l’unico componente della Commissione estraneo alla logica dei palazzi romani, oltreché l’unico con una effettiva esperienza nel campo della valutazione, uno dei nostri giovani cervelli in fuga, Pietro Micheli, si è dimesso sbattendo la porta, preferendo un dignitoso lavoro accademico in Gran Bretagna alla ricca prebenda riconosciuta ai Commissari CiVIT. Andando più a fondo alle ragioni di questa scelta si scoprono cose abbastanza sconcertanti, che ho riportato in una interrogazione a risposta immediata (question time) presentata il 3 febbraio in Commissione.
La CiVIT si è sentita in obbligo di mettere “in primo piano” nella sua Home Page una nota difensiva al riguardo (parzialmente copiata e incollata dal Sottosegretario Augello per rispondermi a nome di Brunetta, ovviamente assente). Ci troverete però solo risposte elusive alla questione fondamentale: la Commissione, nata per diffondere innovazioni organizzative e cultura della valutazione, brilla solo per l’emanazione di editti, e se ne vanta. Non fornisce invece nessuna risposta alla questione più imbarazzante, già sollevata da Pietro Ichino e ripresa da Sergio Rizzo sul Corriere. Il loro consulente meglio pagato è tale Augusto Pistolesi, avvocato cinquantenne, già consigliere comunale di Avellino e poco altro, sul piano professionale. Ma è amico di infanzia e sodale politico del Ministro Rotondi. È stato ingaggiato per 50.000 euro allo scopo di redigere l’unica Relazione che la Commissione debba presentare ogni anno … proprio al Ministro Rotondi: un documento di 18 pagine, che ogni organismo dovrebbe essere in grado di predisporre da sé e che il Pistolesi non è nemmeno lontanamente in condizione di concepire. Il Pistolesi ha anche un altro compito: di mantenere il raccordo tra la CiVIT e un organismo fantasma, presieduto da Paolo Cirino Pomicino (il “Comitato tecnico scientifico per il coordinamento in materia di valutazione e controllo strategico nelle amministrazioni dello Stato”) di cui il Brunetta fustigatore dei fannulloni dovrebbe chiedere l’abolizione ma tiene in vita … per non fare dispetto agli amici.