Come chiudere la transizione
Stefano Ceccanti e Salvatore Vassallo (a cura di), .Come chiudere la transizione, Il Mulino, 2004.
Questo volume presenta un’articolata disamina delle trasformazioni che il sistema politico-istituzionale italiano ha subito negli ultimi dieci anni. L’avvio di tali trasformazioni coincide con il cambiamento delle opportunità della competizione politica verificatosi tra la metà e la fine del 1993 per l’uscita di scena di tutti i partiti di governo e per l’introduzione di nuove regole elettorali. Nel frattempo si è affermato il bipolarismo, ma l’eterogeneità interna delle due coalizioni le rende potenzialmente instabili, e la loro reciproca ostilità è ancora troppo alta per un “paese normale”. I governi sono divenuti più longevi ma ondeggiano tra la riemersione di faide interne e la tentazione di togliere all’opposizione anche le rerogative necessarie per svolgere efficacemente il suo ruolo di controllo. Le autonomie territoriali si sono irrobustite ed è prevalsa l’idea che l’assetto dello Stato debba assumere una forma federale, ma manca l’architrave più importante: un ramo del Parlamento come sede di raccordo tra potere centrale e sistemi regionali. Grazie all’apprendimento degli attori politici e degli elettori, ha quindi preso piede la logica maggioritaria (nei rapporti tra elettori, partiti, parlamento e governo) e l’idea federale (nei rapporti tra centro e periferia). Ma, come mostrano gli autori (un qualificato gruppo di storici, politologi e giuristi), per stabilizzare questi nuovi equilibri e chiudere la transizione è necessario un adattamento del disegno costituzionale, che ricalchi il modello del “governo del Primo ministro” col contrappeso di uno “statuto dell’opposizione” e che sancisca la fine del bicameralismo perfetto con la creazione di un vero “Senato delle Regioni”.
INDICE | Prefazione, di Angelo Panebianco. – 1. Il sistema politico italiano tra cambiamento, apprendimento e adattamento, di Salvatore Vassallo e Stefano Ceccanti. – Parte I: Verso la democrazia maggioritaria, cinquanta anni dopo. – Cinquanta anni dopo la riforma elettorale del 1953, di Gaetano Quagliariello. – L’interpretazione del potere di scioglimento prima e dopo il 1953, di Peppino Calderisi. – Parte II: Il bipolarismo italiano. – Dieci anni di (quasi) maggioritario. Una riforma (quasi) riuscita, di Alessandro Chiaramonte e Roberto D’Alimonte. – Un bipolarismo senza radici?, di Piergiorgio Corbetta e Paolo Segatti. – Parte III: Le riforme che hanno avuto successo. – La prima prova del modello neoparlamentare: il governo delle città italiane nel decennio 1993-2002, di Gianfranco Baldini. – La forma di governo regionale: pregi e difetti di una soluzione che funziona, di Carlo Fusaro. – Parte IV: Cosa manca ai governi per governare?. – La politica delle alleanze: stabilizzazione senza coesione, di Aldo Di Virgilio. – Rafforzamento e stabilità del governo, di Sergio Fabbrini. – Il governo in parlamento: la fuga verso la decretazione delegata non basta, di Luigi Gianniti e Nicola Lupo. – Parte V: Cosa manca al federalismo per funzionare?. – Lo Stato regionale nella transizione, di Andrea Morrone. – La riforma del Titolo V: un disegno senza forma, di Roberto Bin. – Parte VI: I nodi da sciogliere e le lezioni dell’analisi comparata. – Il Governo del Primo Ministro: da Londra (via Parigi) a Roma, possibilmente senza passare per Tel Aviv, di Francesco Clementi. – La fine della centralità parlamentare e lo statuto dell’opposizione, di Giovanni Guzzetta. – L’elezione del Governo e lo scioglimento anticipato delle Camere nei Paesi dell’Unione europea, di Stefano Ceccanti. – Come le seconde camere rappresentano i «territori». Le lezioni dell’analisi comparata, di Salvatore Vassallo. – Parte VII: Il governo del premier. Due opinioni dissenzienti. – Perché il potere di scioglimento oggi è un rischio, di Leopoldo Elia. – Perché una riforma in senso primo-ministeriale è inutile, di Piero Ignazi. – Postfazione, di Augusto Barbera.