Come riformare il Parlamento
Da tempo si discute della necessità di trasformare il Senato in una sede di rappresentanza delle Regioni, della necessità di dare maggiore tempestività, efficacia, linearità, trasparenza al processo legislativo e di ridurre il numero dei Parlamentari. Un po’ in tutti i partiti, compreso il PD, rimangono in realtà resistenze ad una riforma effettiva del bicameralismo. Da un lato si dice che i parlamentari vanno dimezzati e che dovrebbero ristabilire un rapporto con il territorio, in collegi elettorali piccoli. Dall’altro, forse per non rinunciare alla duplicazione degli incarichi o forse rispondendo a pressioni che vengono dalle burocrazie interne, si vorrebbero mantenere due distinti corpi elettivi. Non si sa come queste cose possano stare insieme. Ho partecipato a diverse riunioni in cui tutti si dicono teoricamente d’accordo con il superamento del Senato a composizione elettiva diretta, ma alcuni poi spiegano che il PD non può assumere questa posizione perché sarebbe inaccettabile per i “nostri partner”. Pur avendolo chiesto, non ho mai avuto nemmeno un indizio su chi sarebbero questi nostri alleati. Nemmeno ho capito perché, se questi soggetti difendono interessi corporativi, dovremmo essere noi a coprirli, invece di costringerli ad esporre in pubblico le loro ragioni. Ho quindi deciso di lanciare un sasso nello stagno, elaborando un progetto compiuto di riforma, in senso sostanzialmente monocamerale. Il messaggio che segue, inviato a tutti i parlamentari della XVI legislatura dice in breve quali ne sono i presupposti e i contenuti. Qui c’è.il file con la relazione illustrativa, l’articolato e il testo a fronte tra la costituzione vigente, la proposta approvata nella scorsa legislatura dalla Commissione Affari Costituzionli della Camera (c.d. bozza Violante) e la proposta in questione; qui invece il testo della proposta di legge costituzionale (AC 4915). Qui un articolo pubblicato il 18 dicembre da l’Unità che sintetizza le motivazioni e il contenuto del progetto. Chi vuole approfondire l’argomento può consultare questo dossier, che contiene rinvii ai precedenti dibattiti parlamentari e alle altre principali proposte.
Caro collega,
nei prossimi mesi, la recessione rischia di generare una crisi ancora più profonda e preoccupante, nel rapporto tra l’opinione pubblica e le istituzioni rappresentative. Ne abbiamo avuto solo una leggera avvisaglia nei giorni scorsi, con le reazioni alle notizie (fuorvianti) sull’adeguamento delle indennità agli standard europei. La denigrazione del Parlamento è ormai a livelli di guardia e non si attenuerà. In tale contesto, non hanno molto senso attegiamenti difensivi tesi a mantenere le posizioni acquisite, magari arretrando passo a passo sulla misura del trattamento economico o sui benefit non essenziali.
Personalmente ne sono convinto da tempo. Le basi concettuali del progetto che ti sottopongo e parti della relazione illustrativa sono riprese da un mio saggio del 2004 (Come le seconde camere rappresentano i «territori». Le lezioni dell’analisi comparata, pubblicato in: Stefano Ceccanti e Salvatore Vassallo (a cura di), Come chiudere la transizione, Il Mulino). Oggi, dopo l’esperienza diretta fatta dal 2008 alla Camera, non ho alcun dubbio al riguardo. Sulla base dell’esperienza, ho maturato una convinzione ancora più netta che sia necessaria una riforma davvero incisiva. E se non ora, quando?
Se condividi questa opinione, ti prego di esaminare il progetto, di mandarmi ogni eventuale commento, nella forma che riterrai più agevole, e di farmi sapere se sei interessato a sottoscriverlo.
Cliccando qui potrai scaricare il file con la relazione illustrativa, l’articolato e il testo a fronte tra la costituzione vigente, la proposta approvata nella scorsa legislatura dalla Commissione Affari Costituzionli della Camera (c.d. bozza Violante) e la proposta in questione.
Forse non è la soluzione tecnicamente migliore (eventuali proposte emendative sono benvenute). Indica però in maniera piuttosto nitida l’ipotesi di un parlamento sostanzialmente monocamerale. Con una sola Camera, veramente autorevole, composta da 500 rappresentanti “scelti” dai cittadini (quindi eletti con un sistema elettorale diverso da quello in vigore), che ha il compito di conferire e ritirare la fiducia al Governo, ed ha la prima e l’ultima parola sulla approvazione delle leggi.
La seconda camera, per ragioni di parsimonia normativa e simbolica, continuerebbe a chiamarsi Senato della Repubblica, ma non sarebbe formata da un corpo di “senatori” espressamente eletti dai cittadini a questo scopo, quanto piuttosto di “delegati” scelti al loro interno dai Consigli regionali e dai Consigli delle autonomie locali, i quali continuerebbero a godere delle sole indennità previste dall’organo da cui sono nominati. Un Senato cosi costruito consentirebbe a Regioni ed Enti locali di partecipare alla funzione legislativa statale, dando compiutezza e maggiore equilibrio al “regionalismo a tendenza federale” delineato dalla riforma del Titolo V del 2001.
L’amministrazione del Parlamento verrebbe unificata, superando l’attuale irragionevole duplicazione degli uffici. In modo che, pur a fronte di consistenti risparmi, si potrebbero irrobustire gli staff effettivamente dedicati allo svolgimento dell’attività legislativa.
In attesa di un tuo eventuale contatto, dunque, ti saluto e ti auguro buon lavoro.
Salvatore Vassallo