Teatri a Bologna
29 dicembre 2010 (Repubblica Bologna) – Salvatore Vassallo, Duse e Comunale. I nodi da sciogliere
La Bologna dei prossimi dieci anni se vuole rinascere dovrà essere ancora più di oggi una città della conoscenza e dell'innovazione. Non può permettersi di rinunciare alla sua tradizione teatrale che va quindi alimentata. Ma i teatri, si sa, costano molto di più di quanto ricavano. Coltivano e diffondono una forma d’arte che in Italia non regge in regime di puro mercato. I suoi fruitori sono più benestanti della media dei contribuenti (quindi godono di spettacoli pagati in buona parte, attraverso le tasse, da categorie con redditi più bassi) ma sono molto sensibili al prezzo dei biglietti.
Il Comunale assorbe tra struttura e allestimenti dai 25 ai 28 milioni di euro all’anno. Ne recupera non più di 3-4 in biglietteria e uso dei locali, degli altri 20-21 i privati ne mettono uno e mezzo. Tutto il resto è a carico pubblico (tra ministero e amministrazioni locali) con trasferimenti statali che però dai 15 milioni del 2009 stanno crollando a circa 8 per il 2010, mentre se ne attendevano 12, con la prospettiva di un ulteriore calo per il 2011. La gestione del Duse, un “teatro di ospitalità”, che cioè non produce spettacoli in proprio, dopo l'alleggerimento dall'organico ETI, e se messo in mano ad amministratori oculati, potrebbe costare circa un milione di euro. Ma anche i progetti più solidi prevedono, almeno per i primi tre anni, un sostegno pubblico in senso lato (incluse le fondazioni) più o meno pari alla metà di quella cifra. Negli anni successivi si potrà ridurre, ma ad essere onesti non scenderà mai a meno di un terzo.
Ora è evidente che le risorse impegnabili per questo settore non sono infinite, anche se con un altro governo sicuramente crescerebbero. È giusto contrastare l’attuale politica dei tagli ma non si possono più tollerare (e tamponare) debiti fatti sulla base di piani fasulli, sull’onda del ricatto morale di una imminente chiusura. Qualcosa dovrà cambiare nel modo in cui i teatri vengono gestiti, provando a massimizzare l’uso degli spazi per offrire da un lato maggiori opportunità ai potenziali fruitori e dall’altro maggiori introiti privati. Ogni scelta sulla vita e la morte di un teatro deve quindi essere presa con trasparenza, consapevolezza e sul serio.
Il Comunale e il Duse hanno problemi diversi, sebbene alcuni nodi siano venuti al pettine e debbano essere assolutamente sciolti nel giro di un mese, pur in assenza di un sindaco eletto.
Quanto al primo, è da irresponsabili negare che il tempo delle proroghe per la gestione Tutino (circa 13 milioni di euro di disavanzo accumulati in quattro anni e un clima parossistico di relazioni interne) sia irrimediabilmente scaduto. La dottoressa Cancellieri anche in questo caso si è mossa con giudizio, tenendo conto della realtà. Ha predisposto tutti gli elementi per prendere in maniera trasparente una decisione sul ricambio, pur senza legare le mani al CdA con un bando di carattere pubblicistico di cui una fondazione privata non ha bisogno. I suoi critici, invece di prendersela con la procedura, del tutto appropriata, la incalzino sul merito della scelta, che nelle condizioni date deve cadere su un candidato capace di garantire al tempo stesso la qualità della programmazione e la sua sostenibilità finanziaria. Ogni altra considerazione rischia di apparire viziata dall’intenzione di favorire in futuro un candidato “amico” con un curriculum che oggi non passerebbe il vaglio di una valutazione comparativa.
Anche il Duse richiede una decisione rapida. Il progetto di rilancio inizialmente proposto da Nuova Scena (Arena del Sole) e dall’ERT aveva una sua solidità culturale, avrebbe avuto un sostegno pubblico generoso e forse garantito maggiori opportunità per produzioni regionali, ma gli stessi promotori hanno preso atto che non era praticabile. Al momento rimangono solo due ipotesi. Una delle due, promossa dal gestore del teatro Dehon, gode della netta preferenza del proprietario dei muri, oggi tornati nella sua piena disponibilità. Ma a vista d’occhio, e a giudizio di tutti gli addetti ai lavori con cui ne ho parlato, è un progetto inadeguato a reggere un teatro così impegnativo per dimensioni e attese del pubblico. Più che un rilancio appare una breve premessa alla chiusura. Il ministero è pronto a prendere al volo la sua fragilità come un buon motivo per disimpegnarsi completamente e risparmiare i 400 mila euro per tre anni che avrebbe invece conferito al secondo e ultimo progetto rimasto teoricamente in campo, quello più solido del "romano" Glejeses.
Anche qui la trasparenza può aiutare per mettere le risorse pubbliche nel miglior modo possibile al servizio della cultura. Ministero, comune e fondazioni si parlino prima che le cose facciano da sole il loro corso. Valutino comparativamente i progetti alla luce del sole, senza escludere nemmeno di dovre concludere che tutte le alternative disponibili sono inadeguate. Se nessuno dei progetti è credibile decidano loro di chiudere il Duse: consapevolmente e dirottando quelle risorse su obiettivi più promettenti. Non facciano decidere la vita o la morte del Duse agli azzardi imprenditoriali di chi conta sul sostegno pubblico come fosse un atto dovuto.