Primarie, come farle
[Mio pezzo con Pippo Civati su L'Unità. Qui la versione a stampa in pdf.] La dichiarazione di inammissibilità dei quesiti referendari da parte della Corte Costituzionale fa crescere notevolmente il rischio che alle prossime elezioni si voti con la stessa pessima legge elettorale attualmente in vigore. Continuiamo a pensare che non vi fossero ragioni giuridiche per la bocciatura e che le presunte motivazioni politiche siano sbagliate. Non è un caso del resto che la decisione sia stata presa a maggioranza. Ora però bisogna correre ai ripari. Il Pd deve impegnarsi, senza cedimenti proporzionalistici, magari giustificati in pubblico da ragioni tattiche, perché il Parlamento approvi una riforma che implichi l’assegnazione della parte preponderante dei seggi nell’ambito di collegi uninominali con formula maggioritaria. E deve stabilire, in ogni caso, subito, alla prossima Assemblea Nazionale del 20 e 21 gennaio, che i candidati del PD per il Parlamento vengano scelti con le primarie, restituendo ai cittadini il fondamentale diritto di scegliere i loro rappresentanti.
Fino a qualche tempo fa, questa strada sembrava preclusa dall’assenza di un sistema semplice e chiaro che consentisse lo svolgimento di primarie vere – e non di generiche consultazioni – in vigenza del Porcellum e in regime di bicameralismo perfetto. Anche grazie al dibattito aperto da l’Unità, a cui noi stessi abbiamo partecipato, ora crediamo che l’uovo di Colombo esista. Sarà un caso, ma è stato trovato a Quarto, vicino Genova, nell’incontro che si è tenuto il 14 gennaio. È il frutto della passione e dell’intelligenza applicata ai problemi politici di diverse persone, di esperti e militanti del PD. Trae spunto da soluzioni proposte dal circolo di Trastevere e dal gruppo WiProgress di Genova, da Mario Vicini del PD di Bergamo, Fulvio Venturino (esperto dell’Università di Cagliari), Antonio Floridia e altri.
Per capire nel dettaglio come il sistema dovrebbe funzionare, è meglio leggere direttamente l’unica pagina di cui si compone l’ordine del giorno che presenteremo all’Assemblea del PD il prossimo week-end pubblicato su diversi siti internet (prossimaitalia, salvatorevassallo e altri). La logica è semplice. Ogni provincia, salvo aggiustamenti per quelle troppo grandi o troppo piccole, è un collegio elettorale. Le candidature sono presentate indistintamente per Camera e Senato. Le primarie sono aperte a tutti gli elettori del PD, i quali esprimono un solo voto (si vota per una persona, non per cordate). Ad ogni collegio sono attribuite un certo numero di candidature, sulla base dei risultati delle elezioni Camera del 2008. La ripartizione è effettuata con un metodo proporzionale (del divisore) che consente anche di stabilire l’ordine con cui le candidature vengono assegnate ai vari collegi. Ovviamente, le candidature che spettano a ciascun collegio sono attribuite ai candidati delle primarie che, in quel collegio, hanno ottenuto più voti. Quando arriva il “loro turno”, i candidati selezionati esercitano l'opzione per la Camera o per il Senato e vengono inseriti nella lista prescelta al primo posto ancora libero. Abbiamo pensato che una piccola quota di candidature possa essere riservata agli organismi dirigenti al solo fine di compensare eventuali squilibri nella rappresentanza in relazione al genere (in primo luogo), alle competenze e al pluralismo interno. Abbiamo fissato, come limite massimo delle candidature stabilite dagli organismi dirigenti, il 20% di quelle che, in ciascuna lista, hanno consentito l’elezione nel 2008. Ma, se l’OdG venisse approvato dall’Assemblea, la Direzione Nazionale potrà abbassare questa quota o anche farla scomparire.
Noi vorremmo che i parlamentari fossero scelti in collegi uninominali, dove il rapporto tra eletti ed elettori diventa più semplice. Che le primarie fossero regolate per legge, per tutti i partiti, con possibilità più ampie di partecipazine e garanzie più robuste di trasparenza di quelle che può garantire un solo partito. Ma crediamo che il Partito Democratico sia nato anche per questo. Per aprire strade nuove e fissare standard più rigorosi di moralità politica nel nostro paese. L’attuale contesto rende ancora più pesante la nostra responsabilità. Perché se non saremo capaci di farlo, saremo giustamente sommersi dalla marea montante della riprovazione che cresce ogni giorno contro “questa” politica.