Leggi razziste. Ecco perché
Alla fine, per far passare il disegno di legge sulla sicurezza la maggioranza ha posto di nuovo la questione di fiducia. Per tutta la settimana scorsa la votazione, già all’ordine del giorno dell’Aula, è stata ripetutamente ritardata perché PdL e Lega Nord non riuscivano a trovare al loro interno un accordo. Poi si è capito che avrebbero rinviato tutto alla settimana successiva (questa), con il seguente programma: martedì 12 viene posta la fiducia, mercoledì la si vota, giovedì si approva il provvedimento. Da un lato saranno state svuotate due settimane di attività della Camera. Dall’altro verrà impedito ancora una volta all’opposizione di esprimere compiutamente critiche e proposte alternative nella sede parlamentare. Le varie componenti della maggioranza si sottrarranno alle loro responsabilità e al rischio che un voto libero dei singoli deputati (come è già capitato) metta in discussione l’accordo raggiunto sottobanco.
In questo modo il governo conta di far approvare l’istituzione delle ronde e il trattenimento prolungato fino a sei mesi delle persone prive di permesso di soggiorno nei Centri di identificazione ed espulsione (Cie). La prima decisione era stata bloccata e la seconda già espressamente respinta (con il voto segreto) alla Camera quattro settimane fa. Stavolta vengono messe insieme a una serie di altre scelte aberranti che consentano alla Lega e al governo di dire, prima delle elezioni europee, che è iniziata una guerra finalmente inflessibile contro l’immigrazione clandestina.
Ora, l’idea che ha guidato la redazione del progetto è che una tale guerra possa essere condotta disseminando di controlli sulla regolarità del soggiorno – affidati anche a figure “civili”, come gli insegnanti o i medici – tutti i passaggi più essenziali e delicati della vita delle persone: l’istruzione, le cure sanitarie, il matrimonio, la fissazione della dimora, la dichiarazione di nascita dei figli.
Peccato che questo tipo di norme siano di dubbia efficacia nei confronti dei delinquenti. Gli extracomunitari entrati clandestinamente e dediti al crimine probabilmente già oggi evitano di andare in ospedale per farsi curare, non denunciano la nascita dei figli e non li mandano a scuola, non intendono far conoscere il loro domicilio e non stipulano regolari contratti di locazione, non chiedono di sposarsi regolarmente, non cercano un lavoro pulito per poter ottenere e conservare il permesso di soggiorno. Le norme proposte dal governo finirebbero per indurre gli irregolari più miti e operosi, entrati magari regolarmente ma con un permesso di soggiorno scaduto, a vivere “come clandestini”.
Sono norme sbagliate come parte di una seria politica sull’immigrazione (su cui questo governo balbetta almeno quanto i suoi predecessori), ma hanno anche un difetto molto più grave. Minano diritti fondamentali ed inalienabili della persona – come la formazione della famiglia, il riconoscimento alla nascita, la cura e l’istruzione dei figli – la cui tutela non può dipendere dalla disponibilità o meno del permesso di soggiorno dei genitori.
Allo stesso tempo, su coloro i quali sono regolari o richiedono di essere regolarizzati vengono fatti gravare oneri crescenti. Ad esempio, il contributo per ottenere o rinnovare il permesso di soggiorno sale da 72 fino a 200 euro. Mentre oggi corrisponde ai costi amministrativi per il rilascio – che è quanto si richiede ad un cittadino italiano per ottenere la carta di identità o la patente – domani diventerà una specie di tassa.
Quanto all’estensione del periodo di fermo nei Cie, una direttiva dell’Unione Europea dice che gli stati membri possono trattenere un cittadino di un paese terzo per prepararne il rimpatrio solo se sussiste un pericolo di fuga o se l’immigrato ostacola la preparazione dell’allontanamento. Nel progetto del governo, una persona può essere tenuta coattivamente nei “centri di identificazione” per un periodo fino a sei mesi anche se il paese da cui proviene non coopera al suo rimpatrio o ci sono ritardi nell’ottenimento da parte di amministrazioni straniere della documentazione necessaria, quindi per ragioni indipendenti dalla sua volontà. Facciamoci una domanda. Cosa direbbero gli avvocati garantisti del premier se misure molto meno arbitrarie fossero applicate alla libertà di “persone eminenti”?