La legge per le europee
La discussione in sede parlamentare intorno alla riforma del sistema elettorale per le europee avrebbe dovuto essere, e poteva essere, la prima prova di quel dialogo di cui si è molto parlato all’inizio della legislatura. Fino ad ora, nell’attività svolta dalla Commissione affari costituzionali, si è dovuto prendere atto che la maggioranza non è affatto disponibile al confronto. Il confronto sulle regole istituzionali presuppone la ricerca di soluzioni su cui convergere, in qualche modo apprezzabili per ciascuno. Il dialogo si è dimostrato impossibile per una ragione molto semplice: la maggioranza ha deciso di sostenere senza alcuna discussione, neppure al suo interno, un’ipotesi che serve solo agli interessi attuali di una parte del Partito delle Libertà. La maggioranza, in particolare nella persona del relatore, si è dimostrata totalmente indisponibile a prendere in considerazione anche emendamenti che entravano nella logica del progetto esposto dallo stesso relatore all’inizio dei nostri lavori. Su due temi in particolare questo dialogo è stato un dialogo tra sordi. Su due elementi, i più qualificanti del progetto di legge di cui stiamo discutendo, il dialogo sarebbe stato invece possibile, perché si partiva, almeno in apparenza, da basi comuni, dal riconoscimento di dover consolidare con questa riforma il contenimento della frammentazione ottenuto grazie alle scelte del PD nelle scorse elezioni e da quello che era stato espresso, almeno verbalmente, come un comune intendimento di qualificare la rappresentanza parlamentare nelle sedi europee. Le proposte avanzate invece dai colleghi del centrodestra sono per noi inaccettabili per due punti qualificanti: una soglia di sbarramento troppo elevata e la sottrazione agli elettori, in un momento in cui invece sarebbe necessario riconoscerlo, del diritto di scegliere i candidati attraverso le preferenze. Ma in questa sede penso che sia utile essere chiari e dire quali sono le ragioni per le quali il PdL ha fatto tali scelte altrimenti del tutto incomprensibili. La prima è quella di proporre una soglia più elevata del necessario, in un momento di transizione come questo per il sistema politico italiano ed in occasione delle elezioni europee. La scelta di una soglia così elevata ha un’unica giustificazione: quella (nelle intenzioni di chi l’ha proposta) di mettere in difficoltà e di impedire eventualmente la rappresentanza ai potenziali alleati del PD, perché ci sono solo tre partiti oggi in Italia che potrebbero forse non superare quella soglia, vale a dire l’UdC, l’IdV e un ricostituito partito della sinistra. Quanto alle dimensioni della soglia, noi non abbiamo mai proposto, almeno il PD nelle sue posizioni ufficiali (devo correggere l’On. Orsini) non ha proposto un sistema elettorale con una soglia del 5%; vari esponenti del PD hanno fatto propria questa ipotesi, ma come lei ricorderà, essendo attento ai dettagli, il PD, alla fine della scorsa legislatura, ha proposto un sistema elettorale che aveva un disincentivo di peso variabile nei confronti dei partiti di piccole dimensioni che consentiva l’accesso al Parlamento anche a partiti con il 3%, nonostante che in qualche misura li sottorappresentasse. Continuiamo a pensare, io personalmente continuo a pensare che sia molto più appropriato, per contenere la frammentazione, un sistema come quello, piuttosto che un sistema con una soglia troppo alta e stupida, cioè fissa, come quella del 5%. La seconda ragione per la quale la maggioranza ha proposto un’ipotesi largamente inaccettabile per molta parte degli elettori, un’ipotesi che in questo momento costituisce uno schiaffo alla sensibilità di molti cittadini italiani, è che il PdL ha un problema interno, quello di tenere in equilibrio il peso degli esponenti di AN e degli esponenti di FI. Naturalmente, il Presidente del Consiglio preferisce avere mano libera per poter decidere da solo quale sia l’equilibrio più conveniente all’interno del suo partito. Ma ciò contraddice largamente le aspettative e la sensibilità di larga parte dell’elettorato, come sanno benissimo gli esponenti della Lega che, non a caso, si sono chiusi in un imbarazzante silenzio nel corso di tutto il lavoro svolto nella Commissione affari costituzionali. D’altro canto, noi non ci siamo limitati ad opporci con veemenza, con forza a queste due forzature, ma abbiamo anche cercato, nonostante tutto, al contrario di quanto afferma l’onorevole Calderisi, di presentare proposte puntuali, mirate, tese in qualche modo a rendere decente la proposta avanzata dallo stesso centrodestra. Abbiamo preso sul serio quello che loro ci hanno detto, cioè che non volevano riproporre il «Porcellum», contro il quale molti di loro si sono scagliati nel corso degli ultimi mesi, sottoscrivendo anche un referendum, contro quella legge elettorale; ci avevano detto che avrebbero proposto un sistema elettorale simile a quello spagnolo.
Ebbene, noi li abbiamo presi sul serio, dicendo loro che, se volevano eliminare le preferenze, avrebbero dovuto presentare liste corte, cioè prevedere circoscrizioni piccole, che le liste dovevano essere composte di candidati veri, non fittizi, non ripetitivi, senza usare il sistema delle candidature multiple che aumenta il potere dei segretari di partito di stabilire chi viene eletto, stampando i nomi dei candidati sulla scheda ed introducendo norme premiali per favorire l’uso delle primarie per la scelta delle candidature. Nessuna di queste proposte puntuali è stata presa in considerazione. Ricordo all’onorevole Calderisi che l’articolo 46, comma 6, della legge elettorale spagnola esclude in maniera categorica la presentazione di candidature multiple e che molti autorevoli esponenti di Alleanza Nazionale contro questa indecente pratica, presente nella legislazione per il nostro parlamento nazionale, hanno sottoscritto un referendum.
Nonostante questo, il Popolo della Libertà è andato avanti come se nulla fosse, dimostrando che c’è una totale indisponibilità ad un vero dialogo e che l’unico interesse che si vuole difendere è, ancora una volta, anche in un caso come questo così rilevante per le nostre istituzioni, quello momentaneo del Presidente del Consiglio e di chi gli sta intorno: quello di impostare una campagna elettorale come un referendum sulla sua persona, con liste elettorali che sono costruite sulla base dei suoi interessi e degli equilibri interni al Popolo della Libertà, anche se questo significa sottrarre alla democrazia un pluralismo che oggi sarebbe necessario e agli elettori quel diritto di scegliere i candidati che essi richiedono con forza.
Guarda il video dell’intervento