Soldi ai partiti? Così no!
[Mio intervento su l'Unità. Qui il link al Pdf]. Il progetto di legge approvato ieri dalla camera dimezza l’entità dei contributi statali ai partiti rispetto al picco di 182 milioni di euro all’anno inopinatamente raggiunto nel 2010. Si tratta di un atto di serietà che in molti nel PD abbiamo chiesto e che il Segretario Bersani ha avuto il merito di assumere, anche superando preoccupazioni espresse al nostro interno e resistenze di altri partiti.
Il progetto Calderisi-Bressa (PdL-Pd), tuttavia, sancisce al tempo stesso il passaggio dal sistema dei falsi rimborsi elettorali attualmente in vigore ad un finanziamento pubblico ordinario apertamente dichiarato. Una decisione non ovvia per la stragrande maggioranza dei cittadini italiani che, se fossero chiamati a votare in un referendum simile a quello del 1993, direbbero esattamente la stessa cosa (“no a qualsiasi finanziamento pubblico”) con più forza di allora e con qualche buona ragione. Una scelta che sarebbe stata accettabile, se fosse stata accompagnata da condizioni rigorose, vagamente simili, ad esempio, a quelle poste dalla legge sui partiti tedesca, che si è detto a sproposito di avere imitato. Purtroppo non è andata così.
Innanzitutto, il progetto non dice per quali specifiche finalità vengono finanziati i partiti, esattamente per evitare che possano essere effettuati controlli sulla destinazione dei soldi. Non è una mia congettura, è quanto hanno dichiarato apertamente più volte i relatori, secondo i quali non si può permettere a un giudice di sindacare se una certa spesa è in qualche modo riconducibile all’attività politica oppure se si riferisce a finalità che con la politica non c’entrano niente. I controlli continueranno a riguardare quindi la sola regolarità formale delle scritture contabili.
In secondo luogo, i soldi vengono dati a partiti che devono soddisfare requisiti molto più generici, riguardo alle loro procedure democratiche interne, di quelli richiesti dalla legge 383 del 2000 alle associazioni di promozione sociale. Per la originaria proposta Bressa-Calderisi era sufficiente che “avessero uno statuto”. Siccome era una posizione palesemente insostenibile, dopo aver rifiutato emendamenti più puntali, è stato almeno approvato, in corner, un emendamento dell’Udc, vago al punto che o non verrà applicato o dovrà essere applicato con una grande discrezionalità dalla magistratura. In questo modo, i soldi pubblici, invece di essere messi a servizio della libera partecipazione dei cittadini, come vuole l’articolo 49 della Costituzione, rischiano di essere, come è accaduto in vari casi sino ad oggi, strumento di potere nelle mani di oligarchie che non devono dare conto a nessuno.
Infine, la proposta Bressa-Calderisi stabilisce che il controllo (formale) sui bilanci dei partiti non venga esercitato dalla Corte dei Conti, l’organo che secondo l’articolo 100 della Costituzione ne avrebbe titolo. Viene istituita invece una commissione ad hoc, con sede presso la Camera dei Deputati. E i funzionari della camera sono bravissimi, ma non sono certo abilitati, per diversi motivi, ad assistere una penetrante attività istruttoria sui bilanci dei partiti, organizzazioni i cui leader governano l’istituzione di cui essi sono dipendenti. Si da così l’idea che i partiti stabiliscano, come al solito, per se stessi, regole speciali, mettendosi al riparo dalle regole che pretendono di imporre ad altri. La proposta di legge C4973 a prima firma Bersani affida non a caso proprio alla Corte dei Conti il controllo. Una posizione che il Segretario ha esposto in due conferenze stampa del 14 febbraio e del 26 aprile, quindi anche dopo aver sottoscritto il cosiddetto progetto ABC. Ma poi il gruppo PD della Camera ha unanimemente bocciato, in Commissione e in Aula, tutti gli emendamenti che davano seguito a quella linea.
Per spiegare un tale zig-zag si dice che “il meglio è contrario del bene”, e che il compromesso con il PdL non avrebbe retto se il PD non avesse ceduto su questi principi. Ma non è chiaro cosa avremmo ottenuto in cambio dal PdL, dato che il dimezzamento dei contributi non è certo frutto di una concessione dell’On. Alfano, il quale aveva addirittura millantato l’intenzione di abolirli del tutto. Al netto del dimezzamento, rimane una legge monca, che reintroduce un finanziamento pubblico senza vincolo di destinazione, a partiti senza regole, sottratti al controllo della Corte dei Conti. Una legge che a me pare indifendibile e che dunque non ho votato.