Gli stipendi dei neo-ricercatori
Prima dell'estate, dopo essere stato sollecitato da alcuni colleghi dell' Università di Bologna, ho presentato un' interpellanza urgente al Ministero dell'Istruzione in merito alla situazione dei ricercatori e professori universitari confermati negli anni dal 2010 al 2013 e all'applicabilità per tale categoria del blocco stipendiale previsto per il pubblico impiego. Il Ministero ha risposto ammettendo la fondatezza dei miei argomenti – volti ad escludere l'applicazione di tale blocco – affermando che nulla osta all'adeguamento stipendiale. La risposta del Ministero ha fatto sì che gli adeguamenti stipendiali siano stati sbloccati in alcune università (vedi ad esempio le delibere del.Politecnico di Milano e della Iuav di Venezia). Altre, tra cui l'Università di Bologna, mantengono una posizione cautelativa, in attesa che anche il ministero dell'Economia si esprima. Successivamente, sono stato sollecitato a considerare la particolare situazione dei ricercatori non confermati, il cui trattamento economico, come è noto, durante il primo anno di servizio è bassissimo. In base ad una legge del 2005, a partire dal secondo anno viene riparametrato e portato al 70% di quello previsto per i professori associati. Se anche a questo adeguamento straordinario fosse applicato il blocco stipendiale, i ricercatori non confermati perderebbero circa il 20% dello stipendio che sarebbe loro dovuto (a fronte di mancati incrementi, per tutte le altre categorie, di circa il 2-3%). Ho quindi presentato come primo firmatario una nuova interpellanza urgente, questa volta rivolta sia al Ministero dell' Economia sia a quello dell'Istruzione, per ottenere un chiarimento defintivo su entrambe le questioni. Sulla base della risposta, pare che le si possa considerare risolte. Anche il MEF ha "sottoscritto" quanto precedentemente affermato dal Ministero dell'Istruzione in merito ai confermati. Per entrambi, la sperequazione che ora incombe sui ricercatori neo-assunti "è destinata a venire meno" con l'entrata in vigore di un prossimo decreto legislativo, il quale dovrebbe proprio rivedere il trattamento economico dei ricercatori non confermati a tempo indeterminato nel primo anno di attività. In effetti la versione provvisoria del decreto prevede l'anticipo al primo anno del trattamento economico ora fissato solo a partire dal secondo. Prevede inoltre una copertura finanziaria anche per il 2011, il che sembra voler dire che è coperto dal nuovo regime anche chi è stato assunto nel 2011. Rimane il problema per chi è stato assunto nel 2010 ed è entrato nel secondo anno durante il 2011. Ma sarebbe paradossale che venisse escluso dai benefici della legge del 2005 nel frattempo estesi a quelli assunti dopo di lui/lei. Lo farò presente quando lo "schema di Decreto" verrà esaminato in Commissione e chiederò che il chiarimento venga posto come condizione per l'espressione di un parere favorevole. Non dovrebbe essere quindi più necessario che i docenti sotto conferma e i neo-ricercatori affrontino un oneroso ricorso al Tar per far valere i loro diritti. Di seguito video e testi dell'illustrazione in Aula, della risposta del Sottosegretario Pizza e della mia replica.
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Interpellanza urgente presentata da Salvatore Vassallo
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell’Economia e delle Finanze e il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, per sapere – premesso che:
l'articolo 9, comma 1 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica (Gazzetta Ufficiale del 30 luglio 2010, n. 176), prevede che per gli anni 2011, 2012 e 2013, il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così amministrazione, non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l'anno 2010;
il comma 21 dello stesso articolo prevede che i meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti, e le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici;
sull’applicabilità di tali disposizioni al caso dei passaggi da ricercatore o professore associato non confermati a confermati e da professore straordinario ad ordinario si è già espresso il Ministero dell’Istruzione in risposta all’interpellanza urgente n. 2-01113 il 9 Giugno scorso, chiarendo che tali passaggi devono essere intesi non come avanzamento di carriera ma, più correttamente, come atti di conferma del suddetto personale nel ruolo già acquisito e che, non trattandosi peraltro di adeguamenti stipendiali automatici, non trova applicazione, alle suddette conferme in ruolo, la disposizione di cui all'articolo 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010 con conseguente efficacia delle stesse sia ai fini giuridici sia ai fini economici con attribuzione del relativo adeguamento stipendiale;
l’interpellanza di cui sopra non citava tuttavia la situazione ancora più penalizzante in cui versano i ricercatori non confermati, per i quali un’interpretazione delle disposizioni succitate che sottoponga a blocco il passaggio dal primo al secondo anno considerandolo come adeguamento stipendiale automatico, determinerebbe effetti economici particolarmente iniqui; infatti il blocco degli adeguamenti stipendiali automatici incide in percentuali variabili ma all’incirca quantificabili in un 2-3% della retribuzione, mentre un eventuale mancata applicazione di quanto di disposto dall’articolo 1, comma 2, del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, in merito ai ricercatori non confermati determinerebbe una penalizzazione di oltre il 20% su un reddito già notevolmente basso, pari a circa 25.000 euro annui lordi;
l’articolo 1, comma 2, del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito in legge, con modificazioni dalla legge 31.02.2005 n. 43, ha peraltro inteso fissare non una progressione stipendiale automatica, ma un diverso e specifico parametro per la determinazione del trattamento economico dei ricercatori universitari non confermati, stabilendo che, a partire dal secondo anno, esso sia pari al 70 per cento di quello previsto per il professore universitario di seconda fascia di pari anzianità;
anche la fattispecie del passaggio dal primo al secondo anno dei ricercatori non confermati pare dunque rientrare nella categoria di quegli «eventi straordinari della dinamica retributiva», di cui parla il citato articolo 9, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010, i quali legittimano il riconoscimento di incrementi stipendiali pur in vigenza del blocco triennale;
la sperequata situazione economica dei ricercatori non confermati è stata peraltro riconosciuta dal legislatore all’articolo 5 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, recante "Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario" laddove, nel delegare il Governo ad adottare, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi finalizzati a riformare il sistema universitario, all’articolo 5 detta alcuni principi e criteri direttivi tra cui, alla lettera g), la “revisione del trattamento economico dei ricercatori non confermati a tempo indeterminato, nel primo anno di attività, nel rispetto del limite di spesa di cui all'articolo 29, comma 22, primo periodo”;
risulta dunque evidente che il blocco stipendiale avrebbe ragione d’essere applicato ai ricercatori non confermati, dopo il primo anno di attività, ove fosse data parallelamente applicazione alla delega citata, finalizzata appunto ad evitare che nel primo anno il trattamento economico sia significativamente più basso che per gli anni successivi;
in virtù di tali ragioni, alcuni atenei italiani hanno già garantito l'adeguamento stipendiale ai ricercatori non confermati nel passaggio dal primo al secondo anno; tuttavia la maggior parte delle università, a causa della scarsa chiarezza della norma e del comprensibile timore di incappare in sanzioni per danno erariale, è cautelativamente orientata per un'interpretazione a favore del blocco retributivo; –
se non ritenga che, in attesa dell’ attuazione della delega di cui all’articolo 5 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, in particolare per quanto previsto dalla lettera g), le università siano tenute o comunque possano dare applicazione al già citato articolo 1, comma 2, del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, riguardo alla fissazione del trattamento stipendiale dei ricercatori universitari non confermati dopo il primo anno di attività pur in vigenza del blocco disposto all'articolo 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010.
VASSALLO, GHIZZONI, ARTURO PARISI, DE TORRE, NICOLAIS, COSCIA, MADIA, DE PASQUALE, MELIS, TOCCI, LOLLI, PELUFFO, GENTILONI, GAROFANI, PICIERNO, VERINI, LENZI, LO MORO, ZACCARIA, MOSCA, DE BIASI, BRATTI, RECCHIA, MARCHIONI, MORASSUT, ANDREA ORLANDO, MOTTA, MOGHERINI, GOZI, ROSSOMANDO.
L'esame in aula
PRESIDENTE. L'onorevole Vassallo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01186, concernente iniziative di competenza per l'adeguamento del trattamento stipendiale dei ricercatori universitari non confermati dopo il primo anno di attività (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
SALVATORE VASSALLO. Signor Presidente, come ha detto ieri il presidente Barroso di fronte al Parlamento europeo riunito in sessione plenaria, siamo davanti alla sfida più seria della nostra generazione, che mette a rischio la costruzione comunitaria e la credibilità e il benessere del nostro Paese nel breve e nel lungo termine. È una sfida di fronte alla quale nessuna corporazione si può tirare indietro nell'assumersi la responsabilità di contribuire all'aggiustamento strutturale dei conti pubblici. Quindi, resistenze corporative nei confronti delle politiche di risanamento non sono giustificabili. Lo dico in premessa perché non è questo il senso dell'interpellanza.
Personalmente ritengo che siano necessari anche interventi più incisivi di quelli che sono stati fino ad oggi adottati, ma temo che la politica dei tagli lineari, che in una certa misura può essere giustificabile, produca dei danni in quanto cieca e a volte finisce per essere iniquamente più pesante nei confronti delle categorie più deboli. È il caso esattamente che trattiamo attraverso questa interpellanza. Come è noto, con il decreto-legge n. 78 del 2010, è stato imposto un blocco stipendiale generalizzato ai dipendenti pubblici per gli anni dal 2011 al 2013.
Ciò avviene sia nel caso di progressioni automatiche degli stipendi, sia nel caso di progressioni di carriera, avanzamenti di carriera che vengono riconosciuti solo ai fini giuridici e non anche ai fini economici.
Questo blocco generalizzato produce, però, dei difetti, soprattutto se viene applicato in maniera a sua volta cieca. Abbiamo già avuto modo di rilevare ciò con riferimento ad una questione specifica che riguarda sempre l'università: in particolare, riguarda i ricercatori confermati o i professori associati confermati o gli straordinari che diventano ordinari. In questo caso, il Ministero dell'istruzione ha già chiarito – in effetti, gliene dobbiamo dare atto – che il blocco stipendiale non si applica, perché, in quel caso, non si tratta di un avanzamento di carriera, ma di un atto di conferma in un ruolo già acquisito.
Tuttavia, è emerso, anche per le giustificate proteste dei ricercatori, un altro caso che, per certi versi, è ancora più acuto, cioè quello dei ricercatori non confermati, i quali, in base ad una legge del 2005, a partire dal secondo anno di attività, dovrebbero vedersi riconosciuti non un vero e proprio incremento o progressione stipendiale, ma un diverso parametro di determinazione del trattamento economico loro dovuto. Questo perché si riconobbe, già nel 2005, che il trattamento economico dei ricercatori appena assunti è miserabilmente basso e si decise, quindi, a partire dal secondo anno, di parametrarlo al 70 per cento della remunerazione dei professori associati.
Dunque, questo caso sembra attagliarsi alla categoria degli eventi straordinari della dinamica retributiva, di cui parla l'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, cioè quegli eventi che non incappano nel blocco stipendiale generalizzato per il triennio 2011-2013.
D'altro canto, il legislatore e il Governo, in quanto promotore di quel provvedimento, hanno già riconosciuto l'iniquità del trattamento economico dei ricercatori non confermati al primo anno, prevedendo che il Governo sia delegato ad emanare una normativa che riveda il trattamento economico dei ricercatori non confermati a tempo indeterminato nel primo anno di attività.
Il punto è che, se gli atenei continuassero ad interpretare rigidamente il blocco stipendiale applicandolo anche a questa categoria, genererebbero un'iniquità di misure spropositate, in quanto il blocco stipendiale normalmente si applica a categorie che perdono per il mancato incremento del loro stipendio il 2-3 per cento ogni anno. Nel caso dei ricercatori non confermati, che partono, com'è notorio e ampiamente riconosciuto dalle stesse scelte legislative del Governo, da una base stipendiale miserabilmente bassa, si determinerebbe un mancato incremento del 20 o del 25 per cento. Questo, naturalmente, è inaccettabile ed iniquo.
I giovani ricercatori hanno già promosso un appello rivolto anche al Ministro Gelmini e al Ministro dell'economia e delle finanze, e sono in fase di presentazione una serie di ricorsi che, giustamente, segnalano l'iniquità di questa circostanza, qualora gli atenei rimanessero fermi nell'interpretazione che alcuni, per timore di incappare in cause per danno erariale, stanno mantenendo.
Quindi, noi confidiamo che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, così come ha già fatto, dimostri equilibrio e ci fornisca un'interpretazione appropriata del blocco stipendiale, riconoscendo che non è applicabile, per ragioni di diritto e anche di proporzionalità, al caso in questione.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Giuseppe Pizza, ha facoltà di rispondere.
GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, con riferimento all'interpellanza in oggetto, l'interessato chiede, se pur in vigenza del blocco delle progressioni economiche di cui all'articolo 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010, le università possano dare applicazione all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 7 del 2005, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge n. 43 del 2005, secondo il quale «dopo il primo anno di effettivo servizio e fino al giudizio di conferma, il trattamento economico dei ricercatori universitari è pari al 70 per cento di quello previsto per il professore universitario di seconda fascia a tempo pieno di pari anzianità».
A sostegno della soluzione positiva, l'onorevole interpellante richiama la precedente risposta che il Ministero ha fornito il 9 giugno scorso all'interpellanza urgente n. 2-01113 in ordine alla non applicabilità della citata disposizione sul blocco delle progressioni economiche ai ricercatori universitari e ai professori associati che ottengono la conferma nel corso degli anni 2011, 2012 e 2013, nonché a favore dei professori straordinari che divengono ordinari nel corso dello stesso periodo, perché tali passaggi devono essere intesi non come avanzamento di carriera ma come atti di conferma nel ruolo già acquisito.
In merito si precisa che la soluzione configurata nel caso precedente non è applicabile alla diversa situazione oggi in esame dei ricercatori non confermati, nei confronti dei quali il miglioramento retributivo previsto dal citato comma 2, articolo 1 del decreto-legge n. 7 del 2005 si configura non già come conseguenza della conferma nel ruolo già acquisito ma, piuttosto, come vera e propria progressione economica, perciò assoggettabile alla disposizione di cui all'articolo 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010.
Tanto premesso, si evidenzia altresì che l'effetto negativo che ricade sul reddito dei ricercatori non confermati, in ragione della mancata applicazione dell'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 7 del 2005, è comunque destinato a venire meno con l'entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione della delega di cui all'articolo 5, comma 1, secondo i principi e i criteri direttivi di cui al medesimo articolo 5, comma 3, lettera g), della legge n. 240 del 2010, che prevede la revisione del trattamento economico dei ricercatori non confermati a tempo indeterminato nel primo anno di attività e che, ad oggi, risulta in fase di ultimazione.
PRESIDENTE. L'onorevole Vassallo ha facoltà di replicare.
SALVATORE VASSALLO. Signor Presidente, dovrei intanto precisare che il riferimento che nell'interpellanza urgente si fa al caso già trattato non intendeva dire che si ritiene che il caso dei ricercatori non confermati non possa essere ricondotto a quello di una progressione di carriera, non era questo l'oggetto.
Ad ogni modo, non è così rilevante ai fini del problema che stiamo trattando. Semmai, è rilevante, rispetto alla questione di cui ci stiamo occupando, l'argomento secondo cui non si tratta di progressione stipendiale automatica, ma della nuova determinazione di un diverso parametro per il trattamento economico.
In ogni caso, la risposta del sottosegretario può essere considerata comunque, diciamo così, promettente, se ho ben inteso, e cioè se il Governo ritiene che l'entrata in vigore del decreto legislativo delegato ai fini della revisione del trattamento economico avrà un effetto retroattivo anche su quelli che sono incappati nel blocco e, pertanto, di fatto sanerà la situazione di questi ricercatori.
Se così fosse, non ci rimane che attendere – e, naturalmente, eserciteremo tutte quante le pressioni che sono nelle nostre disponibilità perché questo accada – che il Governo effettivamente deliberi questo decreto legislativo e vedremo quale sarà il contenuto. Confidiamo che sia, così come ci è stato detto, anche un modo per risolvere questa situazione oggettivamente molto iniqua.