Per salvare il bipolarismo
Quanto alla scelta dei parlamentari, se si vogliono evitare le liste bloccate, o si opta per il voto di lista e le preferenze oppure per i collegi uninominali. Il voto di preferenza è ancora gestibile in collegi di dimensioni provinciali, per cariche meno ambite. Ma quando i collegi si allargano e la posta in gioco cresce, le preferenze diventano un micidiale generatore di costi, che induce ciascun candidato o la sua corrente a cercare a destra e a manca finanziamenti e il sostegno di gruppi organizzati. Chi dice che le primarie hanno gli stessi difetti sottovaluta che esse si svolgono in territori circoscritti, tra due o tre candidati al massimo realmente competitivi, per la cui vittoria, quindi, il voto di opinione gioca un ruolo preponderante.
Il Porcellum è un sistema elettorale pessimo perché garantisce solo il terzo obiettivo, mentre esclude radicalmente il primo e mette a repentaglio tutti gli altri. Il Porcellum passiglizzato è difettoso come l’originale riguardo alle liste bloccate mentre perde le sue residue virtù riguardo alla tenuta del bipolarismo. Come qualsiasi sistema elettorale proporzionale con soglia di sbarramento, conviene senza dubbio a Casini, il quale potrebbe presentarsi alle elezioni serenamente da solo tenendosi le mani libere sulle alleanze. Non a caso Casini tesse sul tema colloqui amichevoli tanto con il PdL quanto con il PD. Ma mentre Casini guadagnerebbe una straordinaria rendita di posizione, il nostro partito perderebbe la sua ragione sociale. Perché dovremmo affannarci a costruire un “partito plurale”, cercare faticosamente sintesi che rischiano di scontentare tutti, se con il 5% dei voti ciascuna componente identitaria può ottenere rappresentanza e una sua golden share in ogni possibile maggioranza parlamentare? Inutile dire cosa accadrebbe del bipolarismo, dei governi di legislatura e delle riforme strutturali di cui il paese ha bisogno.
L’uninominale a doppio turno sarebbe risolutivo se il centrosinistra fosse fatto da partiti di dimensioni più o meno equivalenti e il primo turno potesse quindi servire per misurare i rispettivi consensi in vista di un gioco concordato di desistenze. Ma in un quadro in cui i candidati del PD dovessero avere quasi dappertutto, come possiamo presumere e speriamo, almeno quindici punti in più dei potenziali alleati, le desistenze sarebbero improponibili. In tali circostanze il doppio turno o viene interpretato fino in fondo come il criticatissimo “andare da soli”, oppure implica accordi pre-elettorali identici a quelli necessari con il turno unico.
In ogni caso, in assenza di numeri per puntare al francese, rimane solo la strada di un sistema elettorale misto dotato di una componente uninominale maggioritaria abbastanza incisiva da imprimere alla competizione una dinamica bipolare e di una componente proporzionale che consenta a partiti medi di mantenere eventualmente la loro autonomia, sapendo che la possono ottenere solo pagandola con una parziale sottorappresentazione. Il PD, non a caso, si accinge a presentare una proposta che adotta proprio questa filosofia. Lo stesso fu tentato con il cosiddetto Vassallum tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008. La legge Mattarella aveva alcuni difetti ma ha caratteristiche simili.
Ora, sarebbe molto meglio se il Parlamento trovasse da solo la forza per decidere. Ma senza la spinta popolare di un referendum che si muova nella stessa direzione auspicata dal PD, quante sono le chance che accada in questa legislatura? E noi possiamo permettere che gli elettori tornino a votare ancora con la legge porcata, sapendo che stavolta sarebbero davvero a rischio, oltre ai loro diritti, la dignità della politica e la legittimità delle istituzioni?