La coalizione non si fa da soli
Il sondaggio pubblicato ieri da QN dimostra che i loro elettori preferiscono un’alleanza tra Pd e 5 Stelle rispetto alle possibili alternative. Altre analisi hanno documentato da tempo che le preferenze dei due elettorati e i programmi dei due partiti sono meno distanti, su questioni chiave, di quanto potrebbe sembrare dalle sparatorie verbali tra i militanti o tra i leader. Dopo la svolta europeista di Di Maio e il travaso di voti del 4 marzo, le posizioni si sono poi ulteriormente avvicinate. L’accordo invece rimane lontano per due ragioni.
Da un lato, la dirigenza PD è divisa. Dopo la botta preferisce schivare ogni responsabilità. Impegnata nella resa dei conti post-Renzi, anziché prendere atto che gli è cambiato il mondo intorno, pare si accinga a tenere un congresso pre-veltroniano, tutto introverso, tra ex-Ds contro ex-Margherita.
Dall’altro, i 5S pretendono un appoggio parlamentare a titolo gratuito, come atto dovuto. Come se contassero solo i voti presi da loro, che si erano pure indignati per il premio di maggioranza previsto dall’Italicum quando magnificavano la centralità del parlamento e il sistema proporzionale. Mentre nel modello disegnato dai nostri padri costituenti un partito con il 35% dei seggi può ambire a guidare il governo solo sulla base di un accordo di coalizione. Rajoy in Spagna ha più seggi e un sistema istituzionale nel quale i governi di minoranza sono la regola. Ai tempi dell’Andreotti-ter, nel 1976, la Dc aveva 262 deputati e 135 senatori, era il partito-stato, e il Paese si trovava in una crisi di gravità eccezionale.
Ma per stipulare un accordo di coalizione i grillini dovrebbero rinunciare al cuore velenoso della narrazione populista: noi siamo gli unici puri, gli unici autentici interpreti della volontà generale, gli altri sono tutti corrotti. Dovrebbero finalmente atterrare nel mondo della democrazia pluralista, riconoscere pari dignità a chi rappresenta altri elettori, concordare i contenuti del programma e i nomi dei ministri. Sarebbe un cambiamento utile. Forse anche davvero l’inizio di una terza fase della repubblica. È improbabile che vada così.