Come avviare il risanamento
[Mio post pubblicato dopo la sessione parlamentare straordinaria dell'11 agosto]. A commento delle dichiarazioni del Ministro Tremonti di oggi di fronte alle Commissioni Bilancio e Affari Costituzionali di Camera e Senato vale quanto hanno già scritto tutti i più acuti commentatori sui maggiori giornali, non solo nazionali, negli ultimi giorni. Non c'è molto da aggiungere a quanto avevano osservato, in particolare, Mario Monti sul Corriere della Sera il 7 agosto e Barbara Spinelli in un articolo di lucidità esemplare pubblicato su Repubblica ieri (10 agosto) … anche perché Tremonti non ha detto niente di nuovo. Il Governo ha continuato fino a mercoledì della settimana scorsa a raccontare una realtà immaginaria aggravando irresponsabilmente le difficoltà nostre e, di conseguenza, dell'intera Unione Europea.
La sua conclamata inadeguatezza si è vista purtroppo nella sequenza delle dichiarazioni vaghe e contraddittorie che si sono altalenate da mercoledì scorso in poi. Basta ricordare l'imbarazzo con cui lo stesso Tremonti ha dovuto far finta di non capire cosa stesse dicendo il Presidente del Consiglio quando, durante la conferenza stampa seguita all'incontro con le parti sociali, ha balbettato di contatti con la Banca Centrale Europea di cui evidentemente non avrebbe dovuto fare parola in quel contesto, a dimostrazione che la incontinenza verbale di Berlusconi fa il pari con la sua notoria ignoranza dei più basilari meccanismi della politica europea ed internazionale. La BCE, a stare ai trattati, non avrebbe dovuto intervenire per abbassare i tassi di interesse pagati dall'Italia. Lo ha fatto sulla base di un accordo "riservato", che tale doveva rimanere fino al momento della sua messa in opera.
Oggi il governo si è presentato in Parlamento almeno con una visione più realistica dello stato dei fatti, e con obiettivi di aggiustamento strutturale congruenti con la severità della situazione. Peccato che, come ha certificato Umberto Bossi, rimanga alquanto fumoso sui provvedimenti per raggiungerli.
Quanto al pareggio di bilancio in Costituzione, si dovrà discutere nel dettaglio sui parametri rispetto a cui fissare il vincolo, che non può essere totalmente insensibile agli andamenti del ciclo economico, e sulle maggioranze qualificate per derogarlo. Ma non sarà certo chi ha sostenuto con convinzione i governi Ciampi e Prodi, e ministri del tesoro come Tomaso Padoa Schioppa, ad essere preoccupato per vincoli che impongono una disciplina fiscale rigorosa. Potremo esserne solo rassicurati perché negli ultimi vent'anni sono stati proprio quei governi a prendersi il carico di riparare i danni prodotti sugli equilibri di finanza pubblica prima dal CAF (Craxi, Andreotti, Forlani) e poi dai governi del Cavaliere.
Sappiamo già che saranno necessarie scelte dolorose, e che dovremo batterci perché i costi dell'aggiustamento siano distribuiti con equità. Ma, come hanno detto Veltroni e Bersani, per essere credibili, perché i sacrifici siano un poco più accettabili, dobbiamo dare noi prima di tutto un segno tangibile di non rimanere arroccati a difesa dell'esistente. Qualsiasi misura di aggiustamento strutturale dell'economia e della finanzia pubblica, così come qualsiasi intervento di snellimento della pubblica amministrazione e degli enti territoriali NON può essere semplicemente ACCOMPAGNATO, deve essere PRECEDUTO da un drastico taglio al numero dei parlamentari, efficace già a partire dalla prossima legislatura, che dia il senso della direzione.
Una scelta che sarebbe già ampiamente giustificata dai cambiamenti istituzionali degli ultimi quarant'anni. Quando i costituenti stabilirono le dimensioni delle due Camere esse erano l'unico organo legislativo. Nel frattempo la funzione legislativa è stata in larga parte ceduta per un verso alle regioni, per altri versi al Parlamento europeo, per altri infine al Governo, che la esercita sempre più spesso attraverso la decretazione delegata. Una scelta che è divenuta oggi indifferibile.
Ed è ovvio che se non si vuole rimandarla sine die, la si deve stralciare da qualsiasi altra più impegnativa e pur importante, ma controversa, riforma dell'assetto istituzionale. Giustamente Bersani, riprendendo una proposta avanzata nei giorni scorsi da Waler Veltroni, ha chiesto a nome del PD che si tenga una sessione straordinaria delle Camere subito per varare una modifica mirata su questo specifico aspetto della Costituzione.
Se non ci sarà una risposta positiva alla richiesta di Bersani, un modo per procedere speditamente c'è. L'ho già detto due settimane fa in Commissione Affari costituzionali. Il 13 settembre si voterà in Commissione sul progetto di legge costituzionale proposto dal Governo sull'elettorato attivo e passivo, un progetto che verte esattamente sugli articoli dal 55 in poi, quelli che disciplinano anche la composizione delle due Camere.
Come avevo già preannunciato intervenendo in discussione sulle linee generali oggi ho presentato vari emendamenti al testo base tra cui due che implicano il dimezzamento del numero dei componenti di Camera e Senato (il testo è qui). L'opportunità per decidere subito è disponibile e non è aggirabile, a meno di furbesche invenzioni procedurali. Il 13 settembre si dovranno votare in Commissione questi e spero altri emendamenti sulla materia e ciascun gruppo potrà rendere nota la sua posizione al riguardo.
L'occasione non può essere sprecata. Sarebbe il modo più onesto e forte al tempo stesso per avviare il risanamento e per ristabilire la credibilità della democrazia parlamentare in un momento in cui è ridotta ai minimi termini, mentre il Paese ha l'esigenza vitale di una guida. Non sarebbe un arretramento difensivo della politica, ma un modo per cominciare a ridare alla politica un poco di quella efficienza e credibilità morale che ha perduto.