La data del Congresso
C’è, a questo riguardo, un dato di fatto di cui stranamente pochi parlano e molti, anche tra dirigenti di prima fila e protagonisti, sembrano essere addirittura inconsapevoli. Secondo l’articolo 5, comma 2, dello Statuto PD, “Il Presidente dell’Assemblea nazionale indice l’elezione dell’Assemblea e del Segretario nazionali sei mesi prima della scadenza del mandato del Segretario in carica.” Siccome Bersani è entrato in carica il 25 ottobre 2009, la data entro cui Rosi Bindi deve provvedere è il 24 aprile 2013. La presidente “DEVE” provvedere (nei testi normativi il presente indicativo indica un obbligo) e non ha bisogno per procedere di ricevere il conforto di altri organismi dirigenti del partito, perché è appunto lo Statuto a imporglierlo.
Sarebbe ben strano se una forza politica che giustamente chiede con veemenza norme di legge a garanzia della democraticità dei partiti, derogasse in silenzio alla più fondamentale delle sue regole interne, alla più fondamentale regola di ogni organizzazione democratica: quando un mandato è finito, a meno che non si sia in guerra o nel mezzo di altre tragedie simili, devono essere avviate le procedure per rinnovare la linea politica e gli incarichi. Dovrebbe essere impossibile per chiunque, anche per Luigi Berlinguer, sostenere che un termine del genere è “ordinatorio” e non invece “perentorio”. È chiaro se proprio in quei giorni si dovesse formare il primo governo Bersani, sarebbe ragionevole attendere 48 ore. Ma non più di tanto.
E noi non siamo in guerra. Siamo invece in una situazione politicamente difficile che rende ancora più urgente dare una linea e una leadership pienamente legittimata al PD: sia che, nonostante l’insuccesso elettorale, Bersani perseveri nel tentativo di costituire un governo che vuole durare, sia che, come molti presumono, ci si debba preparare a nuove elezioni.
Sarebbe d’altro canto importante che Rosi Bindi non lo decidesse un giorno per l’altro ma facesse sapere in anticipo come intende comportarsi. Dalla scelta dei tempi, che le compete, derivano un paio di conseguenze di grande rilievo. Innanzitutto, se c’è il rischio che si torni a votare in autunno (a breve si capirà), sembrerebbe ovvio presumere che il “congresso” sia convocato per giugno. Sarebbe inspiegabile in contrario. Forse potrebbe dirci cosa ne pensa. In secondo luogo, solo chi si sarà iscritto entro la data nella quale la presidente delibererà l’avvio del “congresso” potrà candidarsi a cariche interne e partecipare alla consultazione preliminare che precede l’elezione vera e propria, che è invece aperta a tutti i nostri elettori. È bene quindi che si sappia con un po’ di anticipo (che non lo sappiano solo in pochi) a partire da quale momento le iscrizioni non conteranno più.
I meno avveduti riguardo alla originalità dell’impianto statutario del PD non si devono comunque far trarre in inganno. Il “congresso” del PD, fino a quando lo stauto non verrà ulteriormente manipolato, è una procedura più aperta delle primarie organizzate nel 2012. Alla elezione finale, in cui si decide chi sarà il segretario e come sarà composta l’assemblea nazionale possono partecipare tutti, “iscritti e non iscritti al Partito Democratico” i quali “dichiarino di riconoscersi nella proposta politica del Partito, di sostenerlo alle elezioni, e accettino di essere registrate nell’Albo pubblico delle elettrici e degli elettori” (art. 2, comma 3) … anche “al momento del voto” (art. 9, comma 8; art. 15, comma 8). Così si è fatto nel 2009. Sarebbe ben strano se questa volta non si usassero esattamente le stesse regole (magari semplificandole, di sicuro non rendendole più complicate), dato che da allora lo Statuto, per questo aspetto, non è stato cambiato.
Sarebbe infine ben strano se, dopo aver santificato la norma dello statuto che fa del segretario del partito il candidato “naturale” alla premiership (l’anno scorso si è deciso di “sospendere” eccezionalmente quella norma senza cambiarla, seguendo una procedura molto impegnativa, preceduta da un lungo dibattito), ora si evitassero le primarie/congresso per bloccare gli equilibri interni a tempo indeterminato, magari con la scusa che non c’è tempo e che semmai basta scegliere, con un altro medoto, il prossimo candidato a primo ministro. D’altro canto sarebbe assurdo che si svolgessero in sequenza la primaria/congresso di partito e le primarie per la premiership con le elezioni politiche alle porte.
Forse nei prossimi giorni scopriremo che la XVII legislatura, pur essendo iniziata di venerdì, avrà lunga vita. Tanto più se questo miracolo non dovesse verificarsi, sarà bene che Rosi Bindi tenga fede ai suoi obblighi.