Martedì (11 maggio), di fronte ad una folta platea di parlamentari, Walter Veltroni ha presentato Democratica. La Scuola di Politica che raccoglie l’eredità della fondazione costituita nel 2008, grazie soprattutto a Michele Salvati che ne è stato fino ad oggi Presidente. Pur avendo promosso iniziative di nicchia, l’esperimento ha dimostrato che con poche risorse si possono mettere in rete persone di qualità, che hanno passione per la politica e la concepiscono come un impegno per il bene comune che richiede studio e capacità di analisi, oltre che determinazione e rigorosi standard morali. La scelta di Veltroni di investire sulla formazione di una nuova generazione di dirigenti politici darà ovviamente uno speciale impulso all’impresa e potrebbe farne, come ha detto lui stesso nell’intervento di martedì, una sede in cui le appartenenze di partito o di corrente non contano e si può quindi riflettere con maggiore libertà sui dilemmi di cultura politica che il centrosinistra deve sciogliere se vuole tornare a candidarsi credibilmente a governare il Paese. Dal ruolo dello Stato nella crisi economica, alla regolazione del mercato duale del lavoro, dai temi bioetici a quelli riguardanti l’integrazione degli immigrati. Da alcuni mesi stiamo lavorando per far partire questo progetto (una delle ragioni per cui la newsletter ha subito varie interruzioni). È in fase di allestimento una sede a Roma presso cui si svolgeranno durante tutto l’anno, corsi e seminari. Ed è in fase di progettazione un nuovo sito internet che conterrà, oltre ad informazioni sui corsi, un WebMagazine con commenti e analisi sui principali temi dell’agenda politica. Stanno per essere perfezionati i programmi delle attività, a cominciare da un convegno che si terrà a Bologna il 25 giugno, in occasione del trentennale della strage di Ustica, e dell’ormai tradizionale seminario estivo di Bertinoro (23-27 luglio) quest’anno dedicato ai rapporti tra democrazia e religioni.
Mercoledì è continuato il lavoro di un gruppo formato dai componenti PD delle Commissioni Affari costituzionali coordinato da Luciano Violante che dovrebbe portare alla elaborazione di un documento condiviso sulle riforme istituzionali in vista della Assemblea nazionale del 21 e 22 (questo fine settimana) e su cui ci incontreremo ancora una volta. Mi pare si sia sulla buona strada, con l’affermazione di un'impostazione chiaramente bipolare e maggioritaria su sistema elettorale e forma di governo, anche se vedo ancora qualche ambiguità o incertezza da risolvere in merito al ruolo e alla composizione del Senato.
Giovedì ho presentato una
interpellanza urgente su un tema che credo meriti attenzione e che, data la crisi in atto, con le conseguenze drammatiche sull’occupazione a cui stiamo assistendo, rischia di essere sottovalutato o non visto per il verso giusto. Da mesi i tribunali non pagano gli avvocati che assistono chi ha diritto al patrocinio a spese dello Stato (il cosiddetto
gratuito patrocinio). In pratica, il ministero della Giustizia non fa affluire alle casse dei tribunali le risorse necessarie per far fronte ai crediti che gli stessi tribunali hanno maturato nei confronti degli avvocati. Qualcuno potrebbe a prima vista pensare che, nell’attuale situazione di crisi, ci si debba occupare prima di altre categorie. Ma si deve considerare che se il sistema si dovesse inceppare, a pagarne le conseguenze sarebbero soprattutto quelle categorie deboli che senza patrocinio gratuito non sono in grado di far valere i propri diritti. Nel campo civile, vuol dire in molti casi: donne disoccupate con cause relative a separazioni o maltrattamenti, uomini che il lavoro l’hanno perso e hanno cause pendenti con l’azienda che li ha licenziati, minori con cause pendenti sulla potestà genitoriale. La risposta del sottosegretario alla Giustizia non è stata del tutto rassicurante. Sto continuando ad approfondire il tema sulla base dei dati da lei forniti. Chiunque, dopo aver letto l’interpellanza e la risposta del Governo, volesse darmi ulteriori elementi, è pregato di contattarmi.
Sempre giovedì ho partecipato ad un convegno promosso da La Gabbianella ed altri animali, una associazione di famiglie che hanno accolto minori in affidamento temporaneo la quale sta conducendo una battaglia a mio avviso giusta. Non sono esperto di diritto di famiglia. Sono entrato in contatto con la presidente dell'associazione, Carla Forcolin, soprattutto in virtù della sensibilità personale sul tema che mi deriva dall’essere genitore adottivo e ho avuto modo di approfondire l’argomento prima che venisse reso noto attraverso gli articoli di Gian Antonio Stella e di Maria Antonietta Calabrò sul Corriere, a cui rinvio. In estrema sintesi, oggi la legge distingue nettamente, per ottime ragioni, l’affidamento, che è e dovrebbe rimanere per definizione temporaneo, dall’adozione e tende quindi a creare due canali chiaramente distinti per l'uno e l'altro istituto. L’affido dovrebbe essere temporaneo, ma spesso finisce per durate oltre i due anni, cosicché si creano forti legami affettivi tra il bambino o la bambina e la famiglia affidataria. A quel punto, se la situazione critica che aveva giustificato l’allontanamento dalla famiglia originaria si risolve negativamente e il minore è dichiarato adottabile, c'è il rischio che sia sottoposto ad una seconda dolorosa separazione e “trasferito” ad una terza famiglia. Ho quindi elaborato una bozza di progetto di legge che cerca di disciplinare questi casi mantenendo per quanto possibile la necessaria distinzione tra adozione ed affido (chi ne vuole sapere di più può leggere la relazione di accompagnamento). Non è detto che sia questo lo strumento più idoneo per intervenire, perché forse, come suggerisce la senatrice Anna Maria Serafini, assai più esperta di me sul tema, potrebbe essere sufficiente che il governo emani una circolare interpretativa. Continueremo a rifletterci a breve, in un incontro promosso dal PD.