SALVATORE VASSALLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, devo confessare che avrei preferito svolgere il mio primo intervento in quest’aula in un clima e su un oggetto diversi. Si intende che il mio personale stato d’animo, il disagio che provo, sono poca cosa. Se non fosse che credo corrispondano al disagio di tanti cittadini italiani che avrebbero preferito di gran lunga non assistere ad un cattivo film già visto.
Grazie alle scelte compiute dal partito democratico prima, durante e dopo le elezioni, al suo atteggiamento rigoroso ma costruttivo, istituzionalmente leale, sarebbe stato possibile costruire in questa legislatura una pratica politica nuova. Superare la logica delle contrapposizioni pregiudiziali, pur nel riconoscimento delle differenze, anche notevoli, sull’indirizzo politico contingente.
Le dichiarazioni del Presidente del Consiglio nel suo discorso di investitura e le sue stesse dichiarazioni, al momento dell’entrata in carica come Presidente di questa assemblea, contenevano un’enfasi particolare sulla necessità e sulla opportunità di un dialogo costruttivo sulle regole del gioco. Alla prima prova, però, in cui si discute di una delicatissima regola del gioco istituzionale, la maggioranza e il governo hanno dimostrato di essere largamente inadatti al ruolo che si erano assegnati.
È evidente a tutti che l’agenda parlamentare delle ultime settimane, sia stata dettata non da statisti con una visione compiuta del disegno istituzionale e dei suoi necessari equilibri, ma da colleghi della maggioranza – eccellenti professionisti nel loro campo – che sono anche, o prima ancora, avvocati difensori del Presidente del Consiglio nei procedimenti giudiziari che lo coinvolgono. È un fatto ovvio, palese a tutti, in alcuni casi apertamente dichiarato, che l’agenda parlamentare sia stata dettata dai tempi delle inchieste che coinvolgono l’Onorevole Berlusconi. E questa fretta è stata purtroppo una pessima consigliera, che rischia di rendere questa legislatura, sotto vari punti di vista, fin troppo simile alla XIV, se non peggiore.
Non intendo però eludere il merito. La legge che oggi esaminiamo tocca un problema reale. Devo dirlo in poche parole, al rischio d’essere male interpretato, ma non mi voglio e non mi posso sottrarre per comodità retorica a questo punto. La legge Alfano tocca un problema che merita d’essere discusso. La possibile contraddizione tra il mandato conferito dagli elettori, la continuità delle funzioni di governo e le iniziative, potenzialmente fallibili, della magistratura. Un problema percepito ed affrontato anche in altri ordinamenti.
Ma questo problema, per essere affrontato con l’equilibrio che merita, richiederebbe una cautela, una credibilità, una reale disponibilità al dialogo da parte della maggioranza che sono totalmente assenti dal suo orizzonte. Come è dimostrato, purtroppo, dallo svolgimento della vicenda parlamentare negli ultimi due mesi. Si tratta di un problema che è difficile affrontare con l’equilibrio che merita, d’altro canto, se si ha come chiodo fisso l’obiettivo di sottrarre il Presidente del Consiglio ad uno specifico procedimento giudiziario già in corso. A qualsiasi costo. Ammantando magari questo chiodo fisso con la teoria che sarebbe in corso un complotto da parte della magistratura contro la volontà popolare e una persecuzione giudiziaria nei confronti del primo ministro.
Seguendo questa teoria tutti gli strumenti legislativi disponibili diventano leciti, giustificabili. Non c’è tempo per la legge costituzionale? Si ricorre al lodo Schifani. Non c’è tempo per un lodo Schifani emendato? Si decide niente meno che di bloccare migliaia di processi per crimini odiosi, per i quali chi chiede giustizia non potrà averne, e chi è accusato non potrà difendersi.
Come si fa soltanto a pensare di imporre per legge la sospensione di migliaia di processi per crimini che generano allarme sociale, sono per fermarne uno che riguarda il capo del governo? Ora, che questo fosse l’obiettivo è palesemente dimostrato, come ha ricordato ieri l’onorevole Franceschini, dal fatto che, se dovesse passare la legge Alfano, il governo sarebbe pronto a ritirare il blocca-processi.
Ma la legge Alfano, a volere soprassedere sul metodo e i tempi forzosi di approvazione, non è affatto priva di problemi nei suoi contenuti. Non risolve parte dei problemi posti dalla sentenza 2004/n. 24 della Corte costituzionale ed in particolare il richiamo al rispetto dell’articolo 3 della costituzione. Si applica a cariche come quella dei Presidenti delle Camere per le quali è ingiustificata, come forse lei stesso, signor Presidente, sarebbe in altra circostanza disposto ad ammettere. Ed inoltre prevede una estensione smisurata, irragionevole, del campo di applicazione. La sospensione dei processi si attiva sempre e comunque, per qualsiasi reato, in qualsiasi fase o grado del giudizio, per di più in maniera automatica, e viene meno solo in caso di rinuncia da parte dell’interessato.
Un problema di questa delicatezza, a mio parere, potrebbe essere trattato solo con norme di rango costituzionale ed in ogni caso prevedendo meccanismi sospensivi non automatici che si attivano solo a seguito di una pubblica assunzione di responsabilità per la sospensione temporanea dei procedimenti da parte della maggioranza parlamentare.
Il modo in cui si è cercato invece di mettere grossolanamente la polvere sotto il tappeto (o, se si preferisce, a chiudere gli scheletri dentro l’armadio), rischia di riaprire una vicenda simile, sul piano giuridico oltre che sul piano politico a quella che abbiamo visto nel quinquennio 2001-2006. Per quanto mi riguarda, ma quello che più importa, per quanto riguarda il Paese, la peggiore prospettiva possibile.
Il mio gruppo, il Partito democratico, ha condotto fino ad oggi una opposizione ferma, forte, rigorosa, corretta e leale verso le istituzioni repubblicane. E continuerà a fare di tutto, io credo e spero, per non farsi risucchiare nel gorgo verso cui la maggioranza e il governo rischiano di portarci, il gorgo prodotto da un lato da iniziative abnormi come il blocca processi, o gravemente sbagliate come la legge Alfano, e dall’altro da alcuni dei toni sentiti nella manifestazione svoltasi ieri a Piazza Navona. Secondo alcuni la posizione del PD sarebbe politicamente svantaggiosa. Può darsi che nel breve termine sia vero.
Ma noi saremo qui, lo credo e lo spero, con il medesimo atteggiamento istituzionalmente corretto e leale che oggi ci porta ad opporci alla legge Alfano, nell’improbabile caso in cui la maggioranza fosse in grado di tornare sui suoi passi, per non sprecare del tutto questa legislatura.
Saremo in ogni caso qui pronti a dare all’Italia una alternativa credibile quando, come è avvenuto nel 2006, il paese capirà, e non serviranno cinque anni, che le promesse della politica economica tremontiana valgono forse per alcune aziende vicine al governo ma per il resto del paese sono solo messaggi pubblicitari che non aiutano ad arrivare alla fine del mese, quando si capirà che le leggi ad personam sono magari efficaci per i loro fini ma deteriorano il clima sociale e indeboliscono le istituzioni.
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