L’ultima simulazione (prima del voto)
In coincidenza con il termine oltre il quale la legge vieta la diffusione di sondaggi sulle intenzioni di voto, molti tra i principali mezzi di informazione hanno commissionato a diverse società demoscopiche l’ultima rilevazione. No ho identificate 10 i cui risultati sono riportati nella tabella che segue.
Ho quindi replicato un metodo già usato in precedenza per capire quale potrebbe essere la ripartizione dei seggi se le intenzioni di voto rilevate negli ultimi tre giorni si trasferissero nelle urne. È importante ribadire quindi che le mie stime pubblicate da Repubblica non derivano da sondaggi effettuati collegio per collegio, ma da una simulazione elaborata a partire dai voti reali espressi nel 2013 per ciascuno dei partiti allora presenti all’interno dei territori che ora costituiscono i collegi elettorali del Rosatellum. Quei risultati sono stati ricalcolati assumendo che in ogni collegio gli elettori cambino o confermino il loro orientamento di voto secondo la struttura dei flussi che ho stimato per macro-aree (Nord, Zona Rossa, Sud) in base a dati di survey SWG. La simulazione è svolta, naturalmente, sotto il vincolo che la somma dei risultati di collegio produca un risultato aggregato al livello nazionale per ciascun partito identico a quello stimato dalla media dei sondaggi sulle intenzioni di voto. La simulazione quindi non può tenere conto dell’impatto delle singole candidature nei collegi. Non può essere presa come una predizione di quello che accadrà. Dice con ragionevole approssimazione come sarebbe composto il parlamento se gli italiani votassero come dicono ai sondaggisti, in quali aree del territorio italiano e tra quali forze politiche si giocheranno verosimilmente le battaglie più decisive.
Rispetto alle stime precedenti, basate sulla media dei sondaggi della prima metà di gennaio, il risultato dei Cinque stelle appare in crescita solo di mezzo punto, ma l’avanzata è particolarmente pronunciata al Sud dove quindi crescono le chance di vittoria per i candidati grillini nei collegi uninominali. Il Pd è dato in calo solo di mezzo punto, ma risulta ulteriormente penalizzato dall’eventualità che due delle liste coalizzate rimangano sotto l’uno per cento rendendo i loro voti inutili per l’attribuzione dei seggi in quota proporzionale.
Con questi numeri, le cosiddette larghe intese si allontanano. Si potrebbero reggere solo con una maggioranza Frankenstein, che dovrebbe includere tutto il centrosinistra, Fi, LeU e qualche ulteriore pezzo preso a prestito da leghisti non salviniani, massoni pentastellati o altri parlamentari inquieti o impauriti da un ritorno al voto.
Le possibilità per il centrodestra di ottenere una maggioranza autosufficiente o di arrivarci vicino rimangono invece secondo le mie stime un po’ più elevate rispetto a quanto previsto da altre analisi simili alla mia, per vari altri aspetti convergenti. Tutte queste analisi convergono in particolare nel mostrare che buona parte del risultato si giocherà al Sud, nei molti collegi contesi tra centrodestra e 5 Stelle.
Per me quindi, se le tendenze dell’elettorato sono quelle rilevate nelle ultime settimane, rimane valido quanto ho scritto per QN un paio di giorni fa (pezzo che segue). Se non ci sarà una maggioranza di centrodestra, è più probabile lo stallo e il ritorno al voto che la grande coalizione all’italiana.