Dopo la manovra, le riforme
La manovra Salva Italia era necessaria, indispensabile. Per evitare la bancarotta dello Stato (a questo porterebbero tassi di interessi crescenti sul debito pubblico), con conseguenze disastrose sulle famiglie italiane, oltre che sull'intera Unione Europea. Il PD ha cercato di dare maggiore equilibrio ai sacrifici messi a carico delle categorie più svantaggiate o già pesantemente premute dal fisco (utile riascoltare a questo riguardo la dichiarazione di voto sulla fiducia di Franceschini e leggere la nota di Marco Causi). Naturalmente, alla fine dei conti, ciascuno ha qualcosa di cui dolersi. Ognuno potrà dire se e cosa si sarebbe potuto ancora fare per rendere l'intervento più efficace e più equo. Qui c'è un confronto ragionato tra la versione della manovra presentata inizialmente dal Governo e quella approvata dalla Camera dei deputati. Ora però servono riforme dei mercati e delle protezioni sociali, per far tornare l'Italia tornare a crescere. E profonde riforme delle istituzioni, per riabilitare la politica.
Non sarà facile (se parla in questo articolo del Sole24Ore che riporta anche mie dichiarazioni). Molte riforme si possono fare a costo zero, o generando risparmi di spesa: la riforme del fisco, del sistemi bancario e assicuratico, delle professioni, del mercato del lavoro per superare l'apartheid dei non garantiti, della legge sulla cittadinanza per riconoscerla a chiunque sia nato e cresciuto in Italia. Riforme come quelle indicate nei due ottimi libri discussi in una iniziativa di Democratica tenuta a Roma venerdì (qui qualche foto), che ho introdotto e a cui hanno partecipato, oltre agli autori, Walter Veltroni, Benedetto della Vedova e Maurizio Lupi. Il primo curato da Tommaso Nannici, Non ci resta che crescere, Università Bocconi editrice (qui l'indice e la densa introduzione di cui consiglio vivamente la lettura, qui il modo per comprarlo online). Il secondo di Pietro Ichino, Inchiesta sul lavoro, Mondadori (il sito di Ichino è ricchissimo e contiene anche le sue proposte sul lavoro).
Ma devono essere anche riformate, profondamente, la politica e le istituzioni rappresentative. D'altro canto, se non ora quando? La condizione attuale è irripetibile. Speriamo che il governo sia messo nelle condizioni di lavorare, sulla base della delega che di fatto gli è stata conferita dai principali partiti, a proposte sui temi prima citati, per risollevare il paese dalla straordinaria crisi economica nella quale ci ritroviamo. Allo stesso tempo, il Parlamento potrebbe concentrarsi su quelle riforme della struttura istituzionale che richiedono un largo consenso. Oggi è assolutamente necessario – per ridare sobrietà, efficienza, autorevolezza alle istituzioni – e sarebbe anche possibile. Perché i maggiori partiti non sono indotti a dividersi su tutto, a prescindere dal meritio. E perché non sono assillati dalla necessità di blandire tutti i loro alleati minori, anche i più minuscoli e meno rappresentativi, per non mettere a repentaglio la stabilità del governo o possibili alleanze elettorali future.
L'agenda delle riforme necessarie per riabilitare la politica mi pare ben chiara: una legge elettorale che consenta ai cittadini di scegliere i parlamentari e il governo; l'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione sulla democrazia nei partiti e l'istituzionalizzazione delle primarie per la scelta dei candidati alle cariche più importanti; un drastico ridimensionamento se non l'abolizione delle province; la riforma dei regolamento interno della Camera; la trasparenza totale sulle indennità e sui rimborsi riconosciuti a chi ricopre cariche elettive; una riforma per allontanare la politica dalla gestione della Rai. Ma soprattutto, il definitivo superamento del bicameralismo paritario per andare verso un sistema sostanzialmente monocamerale con una cospicua riduzione del numero dei parlamentari. Su ciascuno di questi temi ho cercato nel corso del tempo di proporre soluzioni tecnicamente solide, che sfidano le resistenze corporative del ceto politico senza blandire la demagogia populista "anti-casta". Una misura, davvero preoccupante, del deterioramento dei rapporti tra cittadini e istituzioni rappresentative la si è avuta in occasione dell'esame della manovra, con riguardo all'adeguamento dei trattamenti economici dei parlamentari agli standard europei. Per dare un'idea del clima, ho pubblicato, dopo averli resi anonimi, i messaggi di protesta che ho ricevuto via email, la mia risposta e qualche ulteriore scambio con alcuni cittadini indignati.