Primarie a Bologna
l'Unità (Bologna) (13-10- 2010) | I candidati del Pd procedono lungo linee divergenti. C’è chi guarda al centro, chi a sinistra, secondo prospettive non sempre conciliabili. Le primarie forse non possono sopperire alla mancanza di una linea definita del Pd? Lo chiediamo a Salvatore Vassallo, politologo e artefice dello statuto del Pd.
«Esiste un documento che indica elementi comuni a tutti, inoltre la competizione dovrebbe essere non solo tra candidati ma anche tra progetti. Alcuni criticano le primarie perché le considerano una versione deteriore della spettacolarizzazione della politica. Altri dicono che, se sono i candidati ad elaborare dei programmi, si svuota il ruolo dei partiti. Sono critiche di segno diametralmente opposto, a volte fatte dai medesimi soggetti. Il problema di fondo è però un altro»
Quale?
«Il punto non è quanto pesi il partito o quanto pesi il candidato, ma è quanto pesano dentro il partito rispettivamente i dirigenti e i cittadini che in esso si riconoscono. È chiaro che quelli che dicono conta poco il partito, ritengono che il partito consista nel gruppo dirigente. Un candidato che venga scelto con le primarie dipende meno dal gruppo dirigente di un partito,mala sua piattaforma è valutata e approvata da cittadini che in quel partito si riconoscono».
D’altro canto si potrebbe osservare che,per quanto riguarda Bologna,candidature scelte dal partito non sono state fortunatissime.
«È difficile pretendere che un metodo o l’altro porti sistematicamente alla scelta migliore in assoluto. Possono sbagliare i dirigenti così come possono sbagliare gli elettori. Personalmente continuo a pensare che in questo momento, per il modo in cui sono fatti i partiti, le primarie siano un buon metodo di selezione delle candidature».
Cevenini e prima di lui Campagnoli hanno aperto a Guazzaloca, ma con risultati deludenti. La ricerca del centro non paga?
«Cevenini potrebbe rappresentare uno di quei casi in cui un programma credibile conquista consensi anche al centro. Non ha necessariamente bisogno di fare accordi con chi rappresenta o ha rappresentato l’elettorato moderato. È chiaro che per conquistare gli elettori del centro, così come giustamente sta facendo Cevenini non bisogna mettere le dita negli occhi a chi ha rappresentato quell’elettorato. Questo corrisponde tra l’altro all’idea che il Pd possa avere la rappresentanza piena del centrosinistra, cioè raccogliere i consensi di centro senza dover necessariamente fare accordi con i partiti di centro e senza peraltro escluderli».
È un po’ l’idea veltroniana dell’autosufficienza.
«No. Io dico che il Pd deve fare questo senza necessariamente escludere gli altri partiti. Si tratta di non rinunciare all’ambizione di aver un programma credibile anche per gli elettori di centro».
E se questo crea problemi con potenziali alleati di sinistra?
«Penso che esiste un problema di bilanciamento dei rapporti della coalizione la cui soluzione è affidata anche alla sapienza di chi vincerà le primarie (Cevenini non ha ancora vinto).D’altro canto nella situazione bolognese, mentre potrei capire una contrarietà di parte del centrosinistra a un’alleanza con Guazzaloca, non vedo per quale ragione quegli stessi partiti dovrebbero considerare uno svantaggio e non un valore aggiunto la capacità del candidato di parlare all’elettorato che in passato ha votato per Guazzaloca».Un candidato