Province, come si può cambiare
La discussa scelta del Gruppo PD alla Camera di astenersi sulla proposta di abolizione delle province assunta martedì scorso dal Gruppo PD è stata l’esito, nemmeno del tutto lineare, della posizione che sull’argomento il nostro gruppo ha tenuto in Commissione Affari Costituzionali negli ultimi dieci mesi. Come ho detto intervenendo alla riunione del Gruppo che si era tenuta qualche ora prima, considero questa posizione troppo conservativa dell’esistente e quindi sbagliata. Per rimanere coerenti con quella posizione – meno distante dallo status quo rispetto alle proposte di PdL e Lega – avremmo dovuto addirittura votare a favore dell’emendamento integralmente soppressivo della proposta Idv, invece di astenerci. Ma non penso che votare a favore dell’abolizione sic et simpliciter delle province, ribaltando la posizione tenuta per 10 mesi di 360 gradi nel giro di tre ore, sarebbe stato a quel punto più ragionevole.
Personalmente, nei mesi scorsi ho cercato di proporre una posizione alternativa, presentando una apposita proposta di legge (AC2579), elaborando emendamenti alla proposta IDV diversi da quelli presentati da altri componenti del gruppo in Commissione e con interventi sulla stampa.
Ora, se la decisione di non votare esplicitamente contro l’abolizione delle province non è solo un espediente tattico ma riflette un cambiamento della posizione del gruppo sul merito, sarà bene dire in cosa consiste la proposta del PD per “razionalizzare” le province. Se la proposta del PD in materia consiste negli emendamenti presentati al progetto IDV, è abbastanza deludente. Pare scritta in un altro contesto, per un’altra stagione della nostra Repubblica e dei nostri conti pubblici.
Credo quindi che oggi il PD debba finalmente discutere del merito ed eventualmente ripensare la posizione sino ad ora tenuta dal Gruppo alla Camera. Penso che questo obbligo gravi anche su chi avrebbe voluto votare a favore dell’abolizione delle Province ma non ha ancora avuto occasione di chiarire, in concreto, quali scelte legislative e costituzionali fa derivare da questa opzione.
A tal fine, ho reiterato l'invito già rivolto altre volte a Dario Franceschini a convocare quanto prima una riunione del Gruppo per discuterne. Per agevolare l’avvio della discussione, ho elaborato una nuova proposta di legge (quella precedente è decaduta con il voto di martedì scorso), nella quale sono rifluite le riflessioni svolte nel corso degli scorsi mesi nel quadro del dibattito parlamentare e degli scambi avuti con operatori ed esperti. Il progetto in questione si propone di indicare una strada nitida e incisiva, che si ispira all’esperienza spagnola, intervenendo su quattro profili: 1) introduce soglie rigide a carattere demografico per ridurre il numero delle Province attuali ed impedirne in seguito la proliferazione; 2) circoscrive le loro funzioni a quelle di area vasta conferite dalle Regioni, ovvero di coordinamento e collaborazione tra i comuni; 3) trasforma i Consigli provinciali in Assemblee dei sindaci in modo da ridurre i costi e l'entità del personale politico, per raccordare più direttamente le Province con i Comuni e avere un organismo più efficace di indirizzo e controllo delle Giunte provinciali; 4) stabilisce che le Città Metropolitane non possono coesistere con le Province e che possono essere istituite solo dove i Comuni siano realmente disposti a cedere parti pregiate della loro sovranità.
Non so se sia questa la proposta migliore, ma spero che si possa ora discutere del merito. Possibilmente non tre ore prima del prossimo voto su progetti presentati da altri.