Sicilia. Cosa dicono i numeri
Chi si appresta a commentare il risultato delle elezioni regionali siciliane, dovrebbe tenere conto di questi dati. In Sicilia, sin dall’avvio della seconda repubblica, partiti, liste e candidati di centro-destra hanno sempre raccolto il consenso di una larghissima quota di votanti. Tanto che per molti anni la Sicilia è stata catalogata negli studi elettorali come “non contendibile”, al pari di Lombardia e Veneto (a vantaggio del CD) o Emilia-Romagna e Toscana (a vantaggio del CS). Nelle regionali del 2012 il centro-sinistra è riuscito a portare alla presidenza un suo candidato non perché abbia guadagnato voti, ma perché il centro-destra si è diviso, al contrario di quanto sta accedendo oggi. Rita Borsellino perse nel 2006 con il 42% dei voti. Anna Finocchiaro prese il 30,38% nel 2008 e fu doppiata da Lombardo (65,3%). Rosario Crocetta, invece, con una identica percentuale di voti (30,47%) vinse, perché Musumeci e Micciché si divisero i voti della destra. Inoltre, in Sicilia la Grande Recessione, insieme agli effetti di medio termine della nuova economia globale, hanno portato ancora più malessere che altrove e una maggiore disponiblità a seguire Grillo. Nel 2013 il M5S ha ottenuto in Sicilia oltre il 33% dei voti rispetto al dato complessivo nazionale del 25,5.
Ma ciò che ha reso negli ultimi le elezioni contendibili, accanto alla divisione della centro-destra, è proprio l’alleanza del centro-sinistra con l’area centrista Udc (la componente che nel grafico è indicata in giallo). Paradossalmente, siccome il M5S ha preso sopratutto voti alla destra, la sua ascesa rende oggi potenzialmente contendibile la Sicilia, in un gioco a tre. Sempre che ciascuno dei tre poli (centro-destra, M5S, centro-sinistra+centro) si presenti unito.
I dati da cui derivano le aggregazioni sono contenuti in questo file Excel che chiunque può scaricare e controllare. Se qualcuno trova aggregazioni non corrette me lo segnali!