Società civile. Buona politica
Il governo di centrosinistra che potrebbe costituirsi dopo le elezioni avrà una straordinaria responsabilità. Servono scelte coraggiose e lungimiranti, dettate da una visione positiva dell’Italia e di come potrà cambiare nei prossimi vent’anni, per ridare speranza ad un Paese oggi in ginocchio e rimetterlo in moto. L’agenda a cui dovrà far fronte è scritta nelle attese di molti cittadini, prima che in qualche documento dell’Unione Europea.
Tenere i conti pubblici in ordine (evitando di continuare a sprecare risorse per pagare interessi sul debito pubblico) e ridare respiro a chi è soffocato dalla crisi economica; attenuare il divario di garanzie e tutele per chi entra oggi nel mercato del lavoro rispetto alle generazioni precedenti; semplificare la burocrazia per consentire alle imprese di risalire la china almeno alleggerite di questo fardello; ridurre la pressione fiscale su chi paga le tasse e farle pagare a chi evade; tornare a investire nella scuola e nella ricerca premiando chi ha talento e chi lavora; ridurre i costi irragionevoli della politica e del Parlamento ridando dignità, autorevolezza ed efficacia alle istituzioni; cambiare il sistema elettorale che fino ad oggi tutti i partiti hanno criticato aspramente ma hanno alla fine mantenuto così com’è, per convenienze inconfessabili ma ben evidenti.
Questa volta il centrosinistra ha a portata di mano una grande opportunità. Grazie a uno dei difetti della legge elettorale e alle divisioni del centrodestra, potrebbe ottenere una maggioranza parlamentare autosufficiente, anche qualora il risultato non dovesse essere in percentuale e in numeri assoluti entusiasmante. Il PD potrebbe guadagnare un numero davvero consistente di seggi, mai ottenuto prima da una forza politica di sinistra, con gruppi alla Camera e al Senato saldamente allineati sulle posizioni del Segretario e candidato a Presidente del Consiglio.
Molti di noi non hanno sostenuto Pierluigi Bersani alle primarie per il leader. Chi scrive ha anche espresso secche critiche riguardo al modo in cui sono state condotte le primarie per i parlamentari e formate le liste (www.salvatorevassallo.it). Ma se la semplificazione che si è voluta imporre alla vita interna del PD e l’indirizzo politico impresso da Bersani consentiranno di dare un governo solido al Paese, capace di praticare le riforme di cui l’Italia ha bisogno, non potremo che rallegrarcene.
C’è infatti un tratto che accomuna i promotori di Bodem. Noi siamo società civile prestata alla politica, in una accezione molto specifica: molti di noi partecipano alla vita pubblica nel tempo lasciato libero da altri impegni privati prevalenti; nessuno di noi, anche chi attualmente ricopre cariche elettive, vive di politica da sempre e a tempo indeterminato. Siamo per questo liberi ed esigenti, disponibili a metterci personalmente in gioco ma mai ossessionati dall’aspettativa di ottenere cariche a tutti i costi. Non neghiamo affatto che ci sia bisogno di politici di professione. Siamo anzi ben disposti a riconoscerne il valore di fronte a talenti straordinari e persone dotate di una straordinaria dedizione ad una qualche causa pubblica. Ma per il resto crediamo che le istituzioni non possano essere lasciate, ad ogni livello, nelle mani di avventurieri senza scrupoli o di funzionari di partito senza qualità. Pensiamo che, in assenza di straordinari talenti politici, sia meglio affidarne la guida a persone che hanno già dato prova, in qualche altro ambito della vita sociale, di avere competenze e valori da mettere a servizio della collettività.
Forse non siamo i soli a pensarlo. Non a caso, le maggiori incognite riguardo all’esito del voto vengono da due soggetti che rivendicano d’essere espressione della “società civile”. Quella che si rappresenta come competente e autorevole, salita in politica al seguito di Mario Monti. E quella dei cittadini ostentatamente ordinari, dilettanti e indignati, mandati nei palazzi del potere da Peppe Grillo. La somma delle intenzioni di voto per questi due soggetti, pur così diversi, e dei tanti tra indecisi e votati al non voto, da’ la misura del discredito in cui versano la politica dei “partiti tradizionali” e il bipolarismo che abbiamo visto all’opera dal 1994, dopo l’ignominiosa disfatta della Prima Repubblica.
Noi crediamo però che per portare avanti le riforme di cui l’Italia ha bisogno, queste energie vadano spese dentro grandi partiti democratici. Non a caso, molti tra noi si sono incontrati e riconosciuti partecipando alla fondazione del PD, che abbiamo immaginato non solo come un partito veramente nuovo – piuttosto che la continuazione di esperienze precedenti – ma anche come un nuovo tipo di partito, aperto a chiunque abbia passione civile e sia disposto a dedicare un po’ del suo tempo alla cosa pubblica: che lo faccia partecipando alle primarie come elettore, oppure si metta in gioco per provare a influire più direttamente, candidandosi per un incarico di partito o ad una carica istituzionale. Lo abbiamo immaginato con la testa sgombra dalle ideologie del novecento, non monocorde ma piuttosto garante del pluralismo, tenacemente impegnato ad affermare riforme liberali che smantellino ogni ingiustificata rendita di posizione, per promuovere la crescita e l’eguaglianza delle opportunità.
Bodem è un piccolo esperimento, bolognese, per tenere viva quella visione.