Sui doppi incarichi nella PA
E' da tempo all'esame delle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della Camera un disegno di legge contenente misure contro la corruzione nella PA. Uno degli argomenti trattati riguarda gli incarichi extra-giudiziali dei magistrati amministrativi. Un fenomeno che presenta parecchi profili problematici. Crea conflitti di interesse (per questo può attenuare l'azione di contrasto alla corruzione) e da luogo a privilegi ingiustificabili. Si pensi che un magistrato amministrativo o un consigliere di Stato nominato presso una autorità di garanzia ottiene l'indennità per questo secondo ruolo (come tutti gli altri componenti dello stesso organo) e in più mantiene per intero il trattamento economico per il ruolo giurisdizionale che non svolge, essendo stato collocato "fuori ruolo". Altri continuano fittiziamente a rimanere in servizio e ad essere dunque responsabili di procedimenti giurisdizionali, mentre svolgono incarichi impegnativi, come ad esempio quello di Capo di gabinetto di un ministro, che li assorbono a tempo pieno. Ho lavorato a lungo sull'argomento, discutendone anche con i vertici, da poco rinnovati, della Associazione Nazionale Magistrati Amministrativi, impegnati a contrastare questo malcostume (recentemente ho anche partecipato ad un loro.seminario svolto a Brescia).
Attraverso un laborioso approfondimento giuridico, ho elaborato e presentato in Commissione alcune proposte emendative (tecnicamente, si trattava di sub-emendamenti ad un emendamento del relatore, anch'esso riportato nel file che si può scaricare cliccando qui). Per ragioni procedurali, tali sub-emendamenti sono decaduti per effetto dell'approvazione dell'emendamento Giachetti vertente sulla stessa materia. Personalmente considero che l'emendamento Giachetti vada nella direzione giusta, anche se non risolve tutti i problemi. Ad esempio non interviene su chi svolge contemporaneamente due incarichi. Ci sono anche altri aspetti non considerati. Per tale motivo ripresenterò i miei emendamenti in Aula cercando di coprire, se possibile, le questioni rimaste irrisolte.
Il loro contenuto è in parte sovrapposto a quello di un altro mio progetto di legge (AC 5170). Parallelamente, è infatti all'esame congiunto delle Commissioni Affari Costituzionali e Lavoro la modifica dell'articolo 23-ter del c.d. decreto "Salva-Italia". Con quell'articolo è stato stabilito un tetto massimo ai trattamenti economici di chiunque lavori per una amministrazione pubblica (pari a quanto viene riconosciuto al Primo presidente della Corte di Cassazione) e un tetto agli incrementi stipendiali consentiti ai dipendenti pubblici che vengano chiamati a ricoprire incarichi come Capo di Gabinetto di un ministero, componente di una Authority o altro. In quel contesto, si dovrebbero dunque fissare norme generali sugli incarichi svolti in "fuori ruolo" da qualsiasi dipendente pubblico. In un mio intervento in Commissione del 18 aprile (qui il resoconto) ho cercato di chiarire perché il secondo problema non è stato adeguatamente affrontato con il decreto "Salva Italia" e non è risolto nemmeno del progetto di legge di revisione del 23-ter che è ora all'esame della Camera. Io credo che si debbano stabilire alcuni criteri semplici e netti da far valere, con poche specificazioni, anche per i magistrati, che seguano un principale generale: anche nella PA si deve essere remunerati in ragione della funzione che si svolge (sulla base di requisiti professionali adeguati) e non dello status che si è in qualche modo acquisito. Da qui la decisione di depositare un apposito progetto di legge (qui il testo con le motivazioni).